"Bright star": il capolavoro di Jane Campion arriva alla Fondazione Benetton
TREVISO La rassegna cinematografica "Paesaggi che cambiano", organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, e dedicata, in questo secondo ciclo della stagione, al tema Natura filmata, natura cinematografica, prosegue mercoledì 7 marzo alle ore 21, nell’auditorium degli spazi Bomben di Treviso, con il film "Bright Star" di Jane Campion.
Fino dagli esordi, la neozelandese Jane Campion ha dimostrato sensibilità per il paesaggio (Un angelo alla mia tavola, 1990) e capacità di tradurre la letteratura in immagini (Ritratto di signora, 1996): con Bright Star la regista conferma entrambe queste caratteristiche del suo cinema applicandole a un biopic, un film biografico che racconta gli ultimi anni della breve vita del poeta inglese John Keats, morto venticinquenne a Roma (e sepolto nel cimitero acattolico di Porta San Paolo, accanto all’amico Shelley, non lontano dalla tomba di Antonio Gramsci). La luminosa stella del titolo compare nel primo verso di un mirabile sonetto dedicato a Fanny Brawne, la giovane donna che ha trasmesso alla poesia di Keats degli ultimi anni un tocco di lacerante perfezione: lo stesso che Jane Campion realizza e comunica allo spettatore attraverso le riprese di prati e giardini in fiore, percorsi dai due amanti, prima della finale separazione.
Racconta il curatore, Luciano Morbiato, "se c’è un lamento quasi unanime nelle cronache letterarie degli ultimi anni è quello relativo alla scomparsa dei lettori di poesia in Italia, che sono una percentuale minima rispetto al totale dei lettori, già limitato nel nostro Paese in confronto alla Francia o alla Germania […] Alcune rare volte tuttavia la grande poesia si è presa una rivincita, attraverso il linguaggio apparentemente opposto delle immagini cinematografiche, ed ha finito per essere, anche se per breve tempo, al centro del dibattito culturale. Anche in questo caso, la biografia di un poeta, la regista neozelandese è rimasta fedele al lavoro ormai trentennale di scavo psicologico e restituzione visiva dell’universo femminile che caratterizza la sua filmografia, ed ha privilegiato lo sguardo della protagonista Fanny Brawne, la “stella splendente” di un sonetto di Keats, fino a identificarlo con l’obiettivo della sua macchina da presa: ne risulta un racconto struggente, per l’epilogo di una storia d’amore che si interrompe tragicamente, con la vittoria della morte, la “Bella Signora senza pietà”, ma anche un poema visivo che esalta la natura nel suo complesso e nei suoi particolari concreti. La consapevolezza di Jane Campion come cineasta paesaggista è tale da conferire agli spazi, sconfinati o raccolti, profondità e prospettiva, come se fossero altrettanti personaggi, alla pari degli amici poeti che ruotano attorno al giovane Keats, tentando di salvarlo dai devastanti effetti della malattia".
"La rassegna in programma fra febbraio e aprile 2018", continua Morbiato, "propone cinque opere di alcuni “paesaggisti con la macchina da presa” – Robert J. Flaherty, Werner Herzog, Jane Campion, Alberto Rodriguez e Ciro Guerra – che non si limitano a riprendere elementi della natura, ma li associano tra i protagonisti dei loro film, classici o recentissimi: fiume o deserto, giardino o palude, senza mai dimenticare quel rapporto necessario, quel conflitto non ricomposto tra la natura e l’uomo". Dopo le proiezioni di Louisiana Story, El abrazo de la Serpiente e Bright Star, si proseguirà giovedì 22 marzo con La isla minima di Alberto Rodríguez (Spagna, 2014, 105’) e mercoledì 4 aprile con Apocalisse nel deserto di Werner Herzog (Germania/Regno Unito/Francia, 1992, 52’).