Al Teatro Comunale arriva "L'Orfeo"
Dopo il successo del concerto grande pianista russo Grigory Sokolov che sabato sera ha portato il pubblico entusiasta a riempire la sala Teatro Mario Del Monaco come ai tempi prima dell’emergenza sanitaria, venerdì 12 novembre (ore 20.00) la stagione lirica trevigiana continua con il debutto de L’Orfeo di Claudio Monteverdi nella messa in scena ideata Marco Bellussi, Federica Gasparini e Roberto Zarpellon in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante.
L’opera, che vede protagonista l’Orchestra Lorenzo Da Ponte, prima orchestra italiana che con strumenti d'epoca sta eseguendo il ciclo delle sinfonie di Beethoven a Vienna, diretta dal Maestro Zarpellon e il Coro Venice Monteverdi Academy diretto da Sheila Rech e per la regia e la mise en espace di Valerio Bufacchi, vuole rendere omaggio al sommo poeta attraverso una rappresentazione che evidenzia le analogie tra la Divina Commedia e L’Orfeo di Monteverdi. Numerosi sono, infatti, i tratti in comune, dalla perdita di Beatrice per Dante che trova un parallelismo in Orfeo con la perdita di Euridice, al viaggio all’Inferno di Dante e Virgilio e quello di Orfeo. Non mancano poi le chiare citazioni testuali: nell’opera di Monteverdi la Speranza (personaggio allegorico) canta “Lasciate ogni speranza voi che entrate” (Inferno – Canto III) e Orfeo stesso nel suo proposito di liberare Euridice canta “meco trarrotti a riveder le stelle”. Diversi sono anche i riferimenti a Treviso come il verso “e dove Sile e Cagnan s’accompagna” dal Paradiso, IX Canto; lo stesso Dante fu ospitato a Treviso dal “Buon Gherardo”, personaggio citato (Gherardo da Camino) nel XVI canto del Purgatorio. Infine, sempre nella città che ospiterà lo spettacolo, è stato costruit0 nel 1865 il Ponte di Dante e nella Chiesa di San Francesco c’è la tomba di Pietro Alighieri (figlio del poeta) che volle tornare nella terra che aveva visitato col padre.
Nel cast degli interpreti i migliori cantanti del repertorio barocco come Mauro Borgioni l’Orfeo, Francesca Lombardi Mazzulli che vestirà i panni di Euridice e della Musica, ma anche Luciana Mancini, Silvia Alice Gianolla, Luca Tittoto nel ruolo di Caronte, uno dei bassi più interessanti della sua generazione che si è appena esibito ne La Calisto di Cavalli al Teatro alla Scala di Milano, Marta Redaelli, Walter Testolin, Raffaele Giordani, Claudio Zinutti, Andrea Arrivabene.
Oltre la scena
Venerdì 12 novembre, quarantacinque minuti prima dell'alzata del sipario, al Ridotto del Teatro si terrà un incontro di introduzione all’opera condotto da Elena Filini nell’ambito del progetto "Oltre la scena" che anche per questa stagione torna ad accompagnare il pubblico e le scuole alla scoperta degli spettacoli del Teatro Mario Del Monaco.
Note di regia
di Valerio Bufacchi
Con il termine Mousiké, ovvero l’insieme delle arti presiedute dalle Muse, gli antichi greci indicavano non soltanto la musica, ma anche il canto, la poesia, la danza, la letteratura e il teatro. Emblema di tutto questo è senza alcun indugio il mito più celebre e più antico, quello di Orfeo, che con la sua lira riusciva a fermare e mutare il naturale corso degli eventi e perfino la morte. Il suo canto melodioso ha il potere mistico di comandare uomini, fiere e demoni, assoggettandoli a una potenza superiore: la Musica. Colei “c’ha dolci accenti so far tranquillo ogni turbato core, ed or di nobil ira, ed or d’amore posso infiammar le più gelate menti”. È dunque Lei che “dal mio Permesso amato a voi ne vegno” a raccontare la tragica e gloriosa storia di Orfeo e della sua amata Euridice, della prematura dipartita di quest’ultima e della discesa agl’inferi del semideo nell’estremo tentativo di riportarla in vita.
Come fosse un’evocazione, la scena si presenta quasi lugubre ancor prima di arrivare nel regno dell’oltretomba; i personaggi prendono forma dall’ombra attraverso i loro volti e le loro mani come fossero spettri di un antico racconto che pone ancora oggi gli stessi interrogativi: può l’uomo vincere la morte e porsi al di sopra del tempo? La risposta resta sempre la stessa e per quanto l’essere umano si sforzi di elevarsi oltre il divino, la legge naturale delle cose impera sulla sua vita! Ad ognuno di noi spetta la scelta di vivere secondo le proprie virtù. D’altronde “è la virtù un raggio di celeste bellezza, fregio dell’alma ond’ella sol s’apprezza: questa di tempo oltraggio non teme, anzi maggiore divien se più s’attempa il suo splendore” e ancora “Orfeo vinse l’Inferno e vinto poi fu da gli affetti suoi. Degno d’eterna gloria fia colui ch’avrà di sé vittoria”. Dove l’uomo fallisce, la musica trionfa e dove la musica finisce, l’uomo smarrisce la propria superba sicurezza.
Cosa distoglie Orfeo dall’ordine di Plutone di non voltarsi verso la sua amata prima di aver attraversato il Tartaro? Un rumore, il lamento dei dannati. Dante l’aveva detto “quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l'aere sanza stelle, per ch'io al cominciar ne lagrimai. Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumolto” (Inf. III vv. 2-27). Non vi è musica nell’Ade, ma solo rumore. La Musica però può ogni cosa, perfino andare tra i morti, infondendo coraggio e speranza all’uomo che si tormenta e dice “Tu se’ morta, mia vita, ed io respiro? Tu se’ da me partita per mai più tornare, ed io rimango? No, che se i versi alcuna cosa ponno, n’andrò sicuro a’ più profondi abissi, e intenerito il cor del re dell’ombre, meco trarrotti a riveder le stelle”. Le porte dell’Inferno si spalancano al passaggio di Orfeo e della sua musica, come le rosse tende di un eterno sipario posto a confine tra la vita e la morte, tra la realtà e la fantasia. “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore; fecemi la divina podestate, la somma sapienza e ‘l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate" (Inf. III vv. 1-9), così recitano le parole di Dante davanti la porta degl’Inferi come fossero un avvertimento: non sono stata creata dall’uomo, ma da Dio e a muovermi è la giustizia suprema, io vivo in eterno. Allo stesso modo, sono immortali il mito di Orfeo, la poesia della sua storia e la Musica alla quale ancora oggi chiediamo di elevarci verso un dialogo superiore tra la nostra vita, le nostre scelte e la nostra anima.