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«Esattore dei Casalesi arrestato nel trevigiano: infiltrazioni sottovalutate»

L'appello di Andrea Zanoni, consigliere del Partito Democratico commenta l’operazione della Direzione investigativa antimafia di Trieste che ha portato all’arresto di sette persone

«La favola che in Veneto la mafia non esiste non incanta più nessuno. Le infiltrazioni della criminalità organizzata sono una realtà, cresciuta anche grazie a una sottovalutazione del problema. E la Marca trevigiana non fa eccezione». Così Andrea Zanoni, consigliere del Partito Democratico commenta l’operazione della Direzione investigativa antimafia di Trieste che ha portato all’arresto di sette persone, tra cui un 56enne residente a Resana, accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso in favore del clan dei Casalesi.

«La Regione, per dare un segnale, prenda coraggio e si costituisca parte civile nel processo contro i mafiosi di casa nostra. Ma lo faccia sul serio e non come sul caso delle banche venete e delle migliaia di cittadini truffati. Il 30 giugno 2016  il Consiglio votò all’unanimità una relazione che impegnava Zaia in questo senso, ma alla fine è saltato tutto per una tempistica sballata. Un errore, ammesso sia tale, da dilettanti. I segnali della presenza della criminalità organizzata non sono arrivati oggi. Basti pensare ai frequenti incendi nei centri di gestione e trattamento rifiuti, quasi sempre di origine dolosa e allo smaltimento illecito, denunciato anche nel report della Commissione bicamerale sulle Ecomafie. L’ordinaria amministrazione non serve più, sono necessarie maggiori risorse: Zaia e la sua Giunta si muovano di concerto con il Governo amico per affrontare seriamente questo problema. Ma la cosa più importante è che ci sia consapevolezza della situazione. Gli indizi vanno invece in tutt’altra direzione. È sufficiente ricordare come la maggioranza abbia bocciato il nostro emendamento che prevedeva lo stanziamento di un milione per un Piano straordinario di controllo delle attività di smaltimento dei rifiuti in modo da contrastare le troppe attività illecite. Senza un vero cambio di mentalità, situazioni come quella emersa dall’inchiesta della Dia, sono destinate a ripetersi».

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