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"Vorrei una grande gomma per cancellare il mio presente e disegnarne uno di nuovo"

Il desiderio espresso da una persona che soffre di malattia mentale, raccolto da Cittadinanzattiva Treviso, esprime un grande disagio concreto. Alcune proposte per migliorare l'ambito della Salute mentale veneta.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Nei giorni scorsi la Direzione regionale di Cittadinanzattiva - associazione che opera per la difesa dei diritti dei cittadini - ha discusso delle varie problematiche che assillano oggi, per diverse ragioni e con modalità diverse, le persone con problemi di salute mentale o affette da fragilità fisiche, psicologiche e sociali che ne mettono in crisi gli equilibri mentali. Nei mesi scorsi si sono verificati in diverse località della provincia di Treviso e nel Veneto episodi di violenza o di autolesionismo, talora con esito fatale, messi in atto da persone con problemi di salute mentale.

Questi eventi, che hanno un forte impatto mediatico, sono la punta dell’iceberg di un profondo e diffuso disagio psichico presente nella nostra società che viene gestito quotidianamente dalle famiglie, dalle comunità, dalle organizzazioni di volontariato in maniera spontanea e senza competenze specifiche e, in molti casi, dalle strutture socio-sanitarie con abnegazione e professionalità. Purtroppo questo disagio, sconosciuto, banalizzato e deriso, quando non giudicato con severità o criminalizzato, genera sofferenza nel tessuto sociale, causando nelle persone e nelle famiglie che ne sono affette, sensi di colpa e di emarginazione sociale, la tendenza a nasconderlo o a negarlo che, a loro volta, accrescono il disagio già presente innescando così un pericoloso circolo vizioso. A questa situazione oggi l’unica risposta adeguata nel territorio è l’azione del Dipartimento di Salute Mentale con la sua rete locale di cooperative e associazioni.

Purtroppo, nel corso degli anni la visione della sanità pubblica veneta non ha saputo procedere verso una visione globale della salute nelle sue dimensioni sociali e culturali, bensì ha accentuato la centralità della visione ospedaliera, concentrata sulla terapia delle patologie, marginalizzando la sanità territoriale come ambito in cui si gioca la tutela della salute come benessere, come equilibrio psicofisico con sé stessi, con la comunità, con l’ambiente. In altri termini, non è stata in grado di compiere integralmente quel cambio di paradigma tra medicina centrata sulla persona (e le sue relazioni) e medicina centrata sulla patologia. Ne deriva una forte valorizzazione dell’aspetto tecnico/farmacologico della sanità a scapito della sua funzione di cura nella polisemia del termine. La cura, portando al centro la persona e i suoi molteplici bisogni, richiede team multi-professionali e multi-disciplinari (medici, psicologi, educatori, assistenti sociali, ecc.), mentre nella medicina centrata sulla patologia sono dominanti l’aspetto tecnico con i ruoli centrali della figura medica (e non del team), del presidio farmacologico o strumentale e di tutto l’apparato burocratico di “controllo” con i suoi corollari (rendicontazione, costi, quote, benefici, ecc.).

Questa visione riduttiva della sanità ha avuto un forte impatto nel campo della salute mentale a cui certe forme di immaginario collettivo, opportunamente stimolato da una cultura del controllo sociale, ha assegnato più o meno implicitamente il compito di marginalizzare ed escludere dalla vita comunitaria i diversi e le persone con problemi di disagio mentale. Questa visione, che si basa su alcuni presupposti infondati (ad esempio, la pericolosità della malattia mentale, la sua incurabilità) è tipica di quella “società punitiva” denunciata ormai da decenni. Il fatto che la salute mentale non debba “prendersi cura” delle persone con disagio mentale (e ancor meno di quello sociale), bensì debba “contenerle” con modalità che variano dalla terapia farmacologica all’istituzionalizzazione, viene puntualmente ribadito con forza con un'ossessionante campagna di informazione ogni volta che si verifica un episodio in cui viene coinvolta una persona che sia, o sia stata (magari anni prima) in cura pressi i Servizi di Salute mentale. Prima di passare ad alcune proposte concrete, Cittadinanzattiva Treviso intende esprimere il proprio sostegno ed il più vivo apprezzamento per l’operato del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) dell’Azienda ULSS 2 Marca Trevigiana diretto dal dottor Leonardo Meneghetti.

Si tratta di una struttura di qualità, con idee innovative, centrata sulla cura alla persona nella sua globalità, radicata nel territorio, sinergica con cooperative, associazioni di volontariato, Istituzioni, aperta all’innovazione e all’aggiornamento scientifico, libera da pregiudizi ideologici e consapevole della mission che il Servizio Sanitario regionale le ha affidato. Non possiamo tuttavia non accennare che, nonostante gli eccellenti professionisti che lo costituiscono, il DSM presenta gravi carenze di organico. Proprio in risposta a questo problema, nasce la prima proposta di Cittadinanzattiva: aumentare a livello regionale il budget destinato alla salute mentale. Si ritiene infatti che il 3% dedicato alla salute mentale, sia insufficiente. Aumentare le risorse non significa solo garantire ai DSM organici adeguati con l’assunzione di psichiatri, psicologi, educatori, assistenti sociali, ma anche sostenere l’integrazione lavorativa delle persone con disturbi mentali, incrementare gli eventuali assegni di invalidità, permettere la costruzione di strutture di co-housing, incrementare i fondi comunali e gli assistenti sociali dedicati, potenziando le cooperative sociali che lavorano e sostengono queste persone.

La seconda proposta è quella di ridefinire cos’è la salute mentale di una persona e quella di una comunità, quali siano i fattori che le determinano, come vadano tutelate e da chi. In primo luogo una riflessione. Oggi noi conosciamo e “controlliamo (forse)” le situazioni gravi che spesso sono anche quelle che maggiormente ci turbano. Molte situazioni, purtroppo, sono invisibili. Sfuggono alle rilevazioni, vengono nascoste, sottovalutate, celate nel segreto della famiglia. Nemmeno assistenti sociali o pediatri di libera scelta o medici di famiglia le conoscono. Talora qualcuno di loro, per sbaglio, lo abbiamo incontrato nei nostri servizi di orientamento e consulenza di Cittadinanzattiva. Quello che ci chiedono è raccontare, parlare e dire della loro situazione. Racconti surreali, sogni e visioni. Diversi belli e stucchevoli, perché frutto della fantasia. Come quello che dà il titolo a questo pezzo: "Il desiderio di avere una grande gomma per cancellare il presente e disegnarlo nuovo". C’è quindi bisogno di una nuova cultura perché, se c’è un disagio così diffuso, un malessere e un’angoscia del vivere, come dice Benasayag, non ci sarà nessun servizio pubblico di Salute Mentale in grado di ascoltare e prendersi cura di migliaia di bambini, giovani, anziani che presentano problemi psichici, ma c’è bisogno di lavorare perché la fragilità psichica diventi una realtà da accettare, in primo luogo come costitutiva di ogni persona e quindi di ogni comunità e non un problema da limitare, combattere, negare, eradicare.

Infine, come terza proposta, si chiede di creare una vera e propria rete di ascolto e vigilanza attiva costituita da Istituzioni locali quali scuola, Comuni e associazioni di volontariato, coordinata dal DSM. Compito di questa rete sarebbe ascoltare e intercettare il disagio psicologico e sociale, segnalarlo a chi è in grado di gestirlo qualora fosse necessario un intervento specifico, combattere ogni forma di marginalizzazione che aumenta la sofferenza sociale e l’abbandono scolastico. Nei paesi e nei territorio ci sono decine di associazioni locali di volontariato che possono essere coinvolti nell'ascolto. Tra queste, diverse associazioni anche di utenti della sanità pubblica, che oggi hanno perso, almeno in parte, il loro ruolo, in quanto il Servizio Sanitario funziona ed ha un suo iter predisposto.

Ci sono altre realtà importanti come la chiesa, le strutture amministrative degli Enti locali, le realtà cooperative sociali, gli alpini. Questa rete informale, di ascolto e di vigilanza attiva, può funzionare, purché i cittadini, l’Azienda ULSS, la Conferenza dei Sindaci e l’Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana, svolgano il loro ruolo di progettazione, controllo e indirizzo, nell'esercizio delle loro funzioni nell’ambito della salute pubblica. Un’ultima considerazione. Nel chiacchiericcio diffuso e incontrollato, nuovo modo della comunicazione della politica, si dice che la Regione abbia ben presente (sic) il disagio di diverse persone e quindi voglia riattivare la Commissione regionale sulla Salute Mentale. Noi condividiamo la proposta, sperando abbia un'apertura di orizzonti e di prospettive diversa da quella burocratica e ospedaliera finora (purtroppo) adottata.

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