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Crisi nel comparto cura e assistenza, la Cisl lancia l'allarme sulla carenza di Oss

La pandemia ha generato la fuga delle lavoratrici verso forme contrattuali private e più flessibili

Sono un esercito di circa  5000 lavoratori compresi nelle provincie di Treviso e Belluno, in larghissima maggioranza donne, impegnate nel comparto socio assistenziale privato che stanno migrando dal pubblico, dalle RSA e dalla comunità, verso formule di lavoro private e più flessibili. Molte OSS alla casa di riposo o agli ospedali prediligono contratti di lavoro privati con famiglie o segreterie presso studi medici. Stiamo parlando del grande, prezioso ed indispensabile popolo delle OSS, ovvero degli operatori e operatrici sociosanitarie, oggi quasi introvabili perché sfinite/sfiniti dai turni di un lavoro impegnativo che durante la pandemia, e tuttora, si è dimostrato molto gravoso, con molte notti, domeniche e week-end di assistenza.

“Nei settori del lavoro di cura, dell’assistenza a famiglie, disabili e anziani la quota di donne occupate raggiunge il 90%” - spiega Patrizia Manca, segretario generale di Fisascat Cisl Belluno Treviso – “oggi, con il virus che diventa endemico ed una popolazione che invecchia, è urgente riaprire il tavolo contrattuale per focalizzarci su istituti che possano consentire una maggiore e migliore flessibilità ed una effettiva conciliazione vita – lavoro. Questa grande fetta di lavoratrici, in forze presso RSA, comunità, ospedali, case di cura, sta subendo un crollo occupazionale. Molte si rivolgono ai nostri sportelli, si licenziano per formule di lavoro più flessibili nelle famiglie. Va prevista una turnazione sostenibile e concertata per domeniche, notti e week end che consenta alle donne lavoratrici di seguire i propri figli e di conciliare con la propria vita. Urge un cambio di paradigma che il nostro Sindacato sta cercando di creare ed interpretare a tutela di un settore che è fondamentale per la tenuta e la salute della collettività. La cura e l’assistenza sono un settore che, per tradizione, appartiene alle donne, ma ora rischia di diventare un settore discriminato e penalizzante. La sfida della contrattazione che ci aspetta è proprio quella di garantire il lavoro e l’occupazione di qualità laddove serve tutelando il capitale umano dei singoli.”

Ne è testimone Maria Muller, operatrice del trevigiano: “dopo 15 anni di lavoro nelle RSA, mi sono trovata nella condizione di dover cambiare perché la pesantezza dei turni notturni e dei continui week end al lavoro non mi consentiva di seguire la mia famiglia. Ora lavoro 40 ore settimanali presso una famiglia, ho orari sostenibili e riesco a conciliare con la mia. Il prendersi cura degli altri non deve impedire di prendersi cura dei propri affetti e della propria famiglia”.

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