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Evasione fiscale, Lorenzon: "Il nostro è un Paese davvero singolare"

Il segretario di Cisl Treviso, Franco Lorenzon, commenta il caso di evasione fiscale che ha coinvolto due aziende trevigiane

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Davvero singolare è un Paese, il nostro, in cui nessuno è mai responsabile di niente, anche quando viene pescato con le mani nel sacco. Mi riferisco, ovviamente, alla questione dell’evasione contributiva e fiscale riscontrata in due notissime aziende del mobile del nostro territorio.

E davvero singolare è il tentativo di alcune associazioni di rappresentanza nel voler sminuire, giustificare, attutire, dire che la colpa è sempre di qualcun altro: del fisco troppo esoso, della burocrazia troppo invadente, dei servizi pubblici inefficienti, dei padroni ingordi, dei dipendenti furbi, e così via.

Meno singolare è la consueta divisione dell’opinione pubblica in due partiti: da una parte chi dice, con l’aria di saperla lunga, che è sempre stato così e che così fan tutti, e dall’altra chi sostiene, minimizzando, che non bisogna “fare di ogni erba un fascio”.

Come spesso accade, è possibile che la verità stia nel mezzo, e non sarebbe cosa consolante se si pensa che la contestazione - di oltre 100 milioni di euro - potrà anche essere ridimensionata, ma non fino al punto da farci nascondere la testa sotto la sabbia. La gravità dei fatti non consente a nessuno di chiamarsi fuori, né di dire che il problema è altrove e che i colpevoli sono altri.

Tutti noi, se davvero vogliamo uscire da questa crisi nella quale siamo ancora profondamente immersi, dobbiamo fare un salto di qualità. Chi rappresenta gli imprenditori non può minimizzare il problema, se non altro perché chi evade fa concorrenza sleale alle imprese corrette. Allo stesso tempo, chi rappresenta i lavoratori non può andare nelle piazze a rivendicare le “manette agli evasori” e poi essere colpito da improvvisa timidezza se a evadere è qualche “compagno che sbaglia”. Dalla crisi si esce tutti assieme, assumendosi ciascuno la propria responsabilità: solo così si possono ricostruire quei legami sociali e politici senza i quali una nazione va alla deriva.

Altra cosa è giudicare con piglio moralistico un’intera società che avrebbe in sé il DNA dell’evasione. Bisogna infatti ricordare che la nostra terra è giustamente famosa per i suoi imprenditori che hanno prodotto sviluppo, benessere, occupazione, e per i suoi lavoratori che non si sono costruiti la casa giocando al “Gratta e vinci”, ma facendo straordinari, anche pagati in nero, ma pur sempre lavorando. Gli imprenditori e i lavoratori trevigiani sono lontani anni luce da quei signori della finanza speculativa che in questi anni hanno distrutto ricchezza, rovinato l’economia reale e impoverito molta gente.

Ma non possiamo dare a questo nostro giudizio una reale credibilità e pretendere una sacrosanta riduzione della pressione fiscale sul lavoro, se non siamo decisi nel riaffermare che le tasse e i contributi vanno pagati da tutti, perché rappresentano il patto di cittadinanza che ci lega gli uni agli altri con reciproco vantaggio. E che chi paga le tasse è una persona onesta e non un fesso, e chi evade il fisco e la contribuzione sociale deve restituire alla collettività ciò di cui si è ingiustamente appropriato, perché lo Stato siamo tutti noi e non un’entità astratta collocata chissà dove.

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