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Laurea in Medicina a Treviso: raccolta firme tra i sindaci della Marca

Sono già 56 gli amministratori ad aver accolto l’appello lanciato dal sindaco di Montebelluna per invitare il Governo a concedere l’attivazione del corso di laurea

Sono già più di 50 i sindaci della provincia di Treviso ad aver sottoscritto nelle ultime ore il documento proposto dal sindaco di Montebelluna, Marzio Favero, con l’invito al Governo di rivalutare la propria posizione e attivare il corso di laurea in Medicina e Chirurgia a Treviso.

Un’istanza che nasce dopo che il Governo ha impugnato la D.G.R. per l'attivazione del predetto corso di Laurea a Treviso, e a fronte della quale il sindaco Favero ha elaborato un documento sintetico a sostegno dell'accordo siglato tra il Presidente della Regione del Veneto, dott. Luca Zaia, e il Preside della facoltà di Medicina dell'Università di Padova, dott. Stefano Merigliano, al fine di invitare il Governo a sciogliere le riserve nei confronti di un provvedimento che peraltro ha già avuto il parere positivo del Ministero della Università e della Ricerca. Conclude il sindaco di Montebelluna, Marzio Favero: «La partita è talmente importante per il futuro della formazione universitaria e della sanità nella nostra provincia, da superare la logica delle appartenenze politiche o partitiche. Ringrazio tutti i colleghi sindaci che lo hanno sottoscritto o che lo vorranno sottoscrivere nelle prossime ore». Tra i firmatari compaiono già i sindaci di Treviso, Vittorio Veneto, Mogliano Veneto, Castelfranco Veneto, Oderzo, Paese, Silea, Motta di Livenza e molti altri ancora.

Le richieste dei sindaci

I sindaci trevigiani esprimono la loro solidarietà al presidente del Veneto, Luca Zaia, e al preside della facoltà di Medicina dell’Università di Padova, Stefano Merigliano, in ordine all'accordo approvato con D.G.R. per l’attivazione del corso di Laurea magistrale in Medicina e Chirurgia a Treviso, ove già è attivo il corso triennale in Medicina dell’Ateneo Patavino, poiché valutano come atto scorretto sia a livello istituzionale, sia sul piano sostanziale l’impugnazione da parte del Governo nazionale di tale provvedimento.

A quanto è dato di sapere, il Governo ha addotto due motivazioni: (a) il rischio che l’aumento delle immatricolazioni alla Facoltà di Medicina e Chirurgia non corrisponda al fabbisogno di dirigenti medici definito a livello statale, (b) la riduzione, a favore della formazione, della spesa che la Regione dovrebbe riservare invece all’assistenza sanitaria. A una prima analisi dei fatti, entrambe le contestazioni risultano incongrue e artate. Già prima dell’emergenza sanitaria indotta dal Covid 19, si poneva a livello regionale il tema della carenza di professionalità mediche, in particolare specializzate. È evidente che le politiche nazionali di contingentamento delle iscrizioni a Medicina sono risultate nel loro insieme controproducenti e non correlate all’andamento dei reali bisogni socio-sanitari. Peraltro, non a caso, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha già espresso il suo parere positivo al corso. Quanto al tema del presunto dirottamento delle risorse riservate alla sanità, giova sottolineare che a fronte dei sei milioni richiesti per l’attivazione del corso (di cui un milione e mezzo per i docenti), la Regione spende nove miliardi e seicento milioni per la Sanità. Senza contare, come giustamente sottolineato dal direttore dell'Ulss 2 di Treviso, Francesco Benazzi, che anche l’investimento per l’Università corrisponde ai bisogni di potenziamento e miglioramento dell’offerta sanitaria, appena si consideri il fatto che alcuni dei docenti che assicurano la formazione a Treviso rivestono ruoli apicali nell’ospedale della città, assicurando una organicità di rapporto fra Ateneo patavino e l’Aulss 2. Un rapporto che è stato rinforzato dall’approdo all’ospedale unico di Castelfranco Veneto - Montebelluna, presso la sede di Castelfranco, dell’Istituto Oncologico Veneto. Opportuno, in conclusione, è focalizzare che l’apertura del corso di Laurea magistrale in Medicina e Chirurgia a Treviso non corrisponde a una vaga e incerta attesa locale di promozione territoriale, bensì al fatto – oggetto di profonda riflessione da parte degli urbanisti – che l’area delle province di Venezia, Padova, Treviso e Vicenza, risponde ormai alle dinamiche tipiche della metropoli contemporanea. Al suo interno si concentrano circa tre milioni e mezzo di persone e buona parte delle imprese che compongono la piattaforma produttiva veneta, che è fra le più importanti d’Europa. I confini fra enti locali non corrispondono ai processi sociali, culturali, produttivi e formativi che rendono interconnesso tale territorio. In logica metropolitana, la sezione trevigiana della facoltà di medicina e chirurgia di Padova è una scelta logistica da leggersi in chiave di rete urbana. E risponde alle esigenze ambientali prima, sanitarie oggi –dopo l’esperienza della pandemia –, di ridurre gli spostamenti delle persone e la loro eccessiva concentrazione nei luoghi di studio o di lavoro. Si invita il Governo a rivedere la propria posizione e a ritirare l’impugnazione della delibera regionale. Le autonomie dell’Università, della Regione e degli Enti Locali sono una risorsa per il sistema-paese, e per questo sono tutelate dalla Costituzione, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dei 50 anni dalla nascita delle Regioni. Esse hanno dimostrato nei mesi del lockdown la loro efficacia nel concorrere alla tutela generale della salute. Tema che sta a cuore ai primi cittadini che hanno vissuto il periodo dell’emergenza nelle trincee della protezione civile e dei servizi sociali, sempre in rete con il sistema socio-sanitario, che abbisogna di un adeguato e ramificato organismo di formazione universitaria.

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