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Bocciato il divieto di concedere le sale all'estrema destra «Anacronistico e ideologico»

Questo l'esito della seduta della commissione “statuto e regolamento” del Comune di Treviso in cui è stata discussa la proposta di delibera di iniziativa popolare capeggiata da Luigi Calesso

Ieri, giovedì, alle 17:30 nel corso di una seduta della commissione “statuto e regolamento” del Comune di Treviso è stata discussa la proposta di delibera di iniziativa popolare capeggiata da Luigi Calesso, che chiedeva ai commissari di modificare il regolamento per la concessione d’uso temporaneo delle sale e degli immobili comunali introducendo limitazioni a quelle organizzazioni che si richiamino direttamente all’ideologia fascista o nazista e che non rispettino la Costituzione. La maggioranza  compatta è stata decisa nel bloccare questa iniziativa, considerata come l’ennesimo tentativo della Sinistra per avere visibilità su questioni anacronistiche e puramente ideologiche.

La posizione del presidente della V° commissione Davide Acampora è molto chiara: «A parte il fatto che mi sembra alquanto anacronistico e questo tentativo di voler a tutti i costi salvare Treviso dal Nazifascismo dilagante, tuttavia sono convinto che se un partito o un’associazione siano già riconosciuti a livello nazionale e partecipano alle competizioni elettorali, chi siamo noi amministratori locali per vietargli l’accesso alle sale comunali? Credo non sia compito del Comune di Treviso giudicare il pensiero altrui dal momento in cui tale pensiero è già ritenuto legittimo dallo Stato Italiano, sarebbe una limitazione democratica della quale io non intendo certamente rendermi complice; noi non impediremo l’accesso alle sale comunali a chiunque sia già legittimato ad esistere da un Ente superiore».

Secondo Acampora, inoltre, la contraddizione starebbe proprio tra le righe del testo presentato da Calesso, che proprio nelle motivazioni a sostegno della richiesta di modifica cita la XII disposizione transitoria della Costituzione italiana che conferma il divieto e la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, insieme anche al richiamo alla Legge Mancino del 1993: «La nostra Carta Fondamentale parla chiarissimo, infatti queste scremature sono già state fatte a monte dallo Stato, non ha senso scaricare la responsabilità sul Comune dal momento il cui partiti o associazioni fanno già parte della vita pubblica del nostro Paese, che piaccia o no».

Nel testo di modifica del regolamento Calesso chiede che venga sottoscritta una esplicita dichiarazione che contenga degli impegni, quali di riconoscersi nei principi della Costituzione, di non professare ideologie neofasciste e neonaziste o perseguire finalità antidemocratiche minacciando la violenza come metodo di lotta politica. Anche su questo Davide Acampora è molto chiaro: «A questo punto visto che è stato preso in considerazione il nazismo che non ha avuto nemmeno origine ed espansione in Italia, mi chiedo come mai per par condicio non abbiano contemplato anche il caso di chi professa ideologie di stampo comunista, visto che quel totalitarismo si stima abbia causato cento milioni di morti nella storia e non mi sembra giusto debba essere esente da responsabilità; o tutti o nessuno».

LA REPLICA DI LUIGI CALESSO «Ieri in Commissione consiliare Statuto -scrive in una nota Luigi Calesso- è andata in scena la miopia politica (reale o interessata) della maggioranza di centrodestra che si rifiuta di riconoscere l’esistenza nel nostro Paese di un neofascismo violento che solo dal 2014 a oggi è stato responsabile di 156 aggressioni, 25 attentati, 6 omicidi su tutto il territorio nazionale. La Marca e la città di Treviso, a dispetto della scarsa memoria della maggioranza consiliare non sono certo esenti da questo tipo di fenomeni, anzi ne hanno rappresentato e ne rappresentano uno degli epicentri in Veneto. Cito, a solo titolo esemplificativo, l’aggressione a due ragazzi in piazza Monte di Pietà qualche anno fa e quella agli organizzatori del Treviso Pride del 2016: in entrambi i casi, ma de ne potrebbero citare molti altri, non si è trattato di “scontri” o di “risse” ma di veri e propri pestaggi squadristi. Di fronte a questo quadro, la proposta di delibera di iniziativa popolare che sono onorato di aver presentato in Commissione ha l’obiettivo di permettere al Comune di fare ciò che è nelle proprie competenze per porre un freno al proliferare di gruppi neofascisti. Negare le sale a chi non si dichiara esplicitamente antifascista, infatti, rappresenta un segnale chiaro di come per la comunità civile risulti inaccettabile che chi fa riferimento all’ideologia del ventennio utilizzi sale e luoghi pubblici per la propria propaganda. La maggioranza in Commissione Statuto ha tentato di non affrontare il dibattito politico sulla proposta di delibera mettendo in discussione la legittimità della proposta di regolamento. L’ampia e chiara giurisprudenza che abbiamo raccolto (i casi di Brescia e Rivoli illustrati nell’allegata relazione presentata in commissione, con i Tar e il Consiglio di Stato che hanno confermato la validità regolamenti analoghi a quello che abbiamo proposto) ha stroncato sul nascere il tentativo di eludere il confronto politico sulla proposta. La maggioranza è, quindi, passata al refrain (tanto stantio quanto risibile) del “fascismo che è solo un ricordo” dimostrando la propria miopia politica (più o meno interessata): se, in questa vicenda, c’è qualcuno che guarda al passato sono proprio loro che si rifiutano di sanzionare una ideologia che è stata responsabile del più buio e drammatico ventennio della storia d’Italia e che, malgrado ciò, continua a serpeggiare nel nostro Paese. Negli ultimi anni, anzi, l’arroganza e l’impudenza delle formazioni neofasciste sta aumentando, anche grazie a un clima politico favorevole all’estremismo di destra. Proprio perché guardiamo al futuro abbiamo voluto questa proposta di delibera, perché vogliamo un futuro per la nostra città e per il nostro Paese in cui non ci sia spazio per l’ideologia ripudiata dalla Costituzione, perché vogliamo contribuire ad applicare i principi della Costituzione. Proprio perché vogliamo che si tagli il cordone ombelicale con il passato del regime fascista abbiamo proposto che chi non si dichiara pubblicamente estraneo a quella ideologia non possa utilizzare sale e spazi pubblici. Certo non è una misura che possa risolvere il problema ma è tutto ciò che una amministrazione comunale può fare per contribuire a togliere agibilità politica agli eredi del ventennio fascista. La maggioranza di centrodestra che guida l’amministrazione cittadina, evidentemente, non vuole prendere le distanze da quel ventennio».

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