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Salute Castelfranco Veneto

Alzheimer, quali risposte per pazienti e famiglie?

Domani, 3 maggio, all'ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto l’appuntamento della Fondazione per la ricerca

CASTELFRANCO VENETO Alzheimer: cosa possiamo fare? L’interrogativo è della Fondazione per la Ricerca sulle Malattie Cardiovascolari e Neurodegenerative di Castelfranco Veneto che domani darà vita ad un incontro per cercare risposte al senso di impotenza che rischia di prevalere. Eloquente il titolo del convegno “Quale ricerca? Quale prevenzione? Quale risposta a malati e famiglia”, che inizierà alle ore 9,00 presso la sala conferenze dell’ospedale San Giacomo. Il numero di persone colpite da demenza nel nostro Paese è oltre 1 milione e si stima che per il 2020 il numero di nuovi malati salirà di 584.000 unità – si legge nell’invito -  Sono persone che diventano ben presto disabili gravi e hanno costi sociali ed assistenziali enormi sia per la famiglia che in generale per la società. La malattia di Alzheimer è la principale causa di demenza e colpisce non solo le persone anziane, ma anche soggetti in età giovane-adulta, ancora attivi sul piano sociale e lavorativo, con ripercussioni familiari gravissime.  Si calcola che i soggetti con meno di 65 anni colpiti siano almeno 100.000.

“Non sono a disposizione farmaci in grado di bloccare la malattia di Alzheimer e la sperimentazione di nuove molecole, pur molto attiva, non ha ancora portato ad individuare molecole utili -  sottolinea Renza Ferello, vice Presidente Fondazione per la Ricerca cardiovascolare e malattie neurodegenerative. Cosa possiamo fare?  La nostra Fondazione ha deciso di promuovere questo incontro per cercare risposte al senso di impotenza che rischia di prevalere.  Secondo le ultime ricerche pubblicate da Lancet nel 2017 la prevenzione della demenza è il primo passo che ogni nazione dovrebbe mettere in atto per ridurre il gran numero di casi. Le conoscenze attuali ci indicano che agendo sui fattori di rischio modificabili si può ridurre del 35% il numero di malati”. L’intervento, con mezzi non farmacologici, ha permesso di ottenre un significativo miglioramento o stabilizzazione dei sintomi in  8 casi su 10 di malati di Alzheimer in fase iniziale.

Nuove metodiche di neuroimaging e di valutazione dei biomarcatori biologici e genetici sono ora disponibili in ambito clinico. “Possiamo identificare chi è ad alto rischio e definire meglio le strategie opportune per contrastare il processo neurodegenerativo – spiega ancora Renza Ferello - Anche in ambito socio-sanitario può essere fatto molto di più: preparare meglio  i medici di famiglia ad affrontare la diagnosi e la cura di questi pazienti, organizzare i reparti ospedalieri per definire protocolli specifici per i pazienti che sviluppano uno stato confusionale, sostenere le famiglie nella cura dei propri cari”. Non arrendersi e investire nella ricerca. Gli attuali stanziamenti per la ricerca sull’Alzheimer sono largamente inferiori a quanto viene messo a disposizione per patologie che sono in via di riduzione.   Le Fondazione per la Ricerca sulle Malattie Cardiovascolari e Neurodegenerative intende promuovere la lotta all’Alzheimer ad ogni livello dalla ricerca di base e prevenzione alla terapia farmacologica, dall’assistenza al malato/famiglia  al contrasto dello  stigma sociale.  

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