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Salute

Punti nascita, parlano i sindacati: «Gli standard di sicurezza non sono negoziabili»

Il sindacato interviene sul grave caso della mamma morta all'ospedale di Oderzo. Per il segretario generale della Fp Cgil la politica regionale deve assumersi le sue responsabilità

«La salute è un diritto di cittadinanza. Mettere in sicurezza cittadini e lavoratori, osservare le raccomandazioni e le linee guida nell’identificazione e nell’allocazione dei servizi, garantire gli standard di risorse e personale a consentire non la presenza, ma la piena funzionalità e qualità dei servizi, non possono essere elementi negoziabili con il consenso politico. Né si può, come spesso accade, scaricare la responsabilità di scelte legate alla programmazione regionale su chi governa un azienda sanitaria». Ivan Bernini, segretario generale della Fp Cgil trevigiana e, dalle scorse ore, in segreteria regionale della Fp Cgil del Veneto, entra nel merito della triste vicenda della giovane donna morta dopo il parto all’Ospedale di Oderzo.

«Sono anni - spiega il leader della categoria della Cgil - che le linee guida sui punti nascita prevedono raccomandazioni stringenti. Prevedono che in ogni punto nascita vi siano standard di personale, presenza costante nelle 24 ore di professionisti, presenza delle patologie neonatali. Sono anni che si raccomanda il potenziamento dei punti nascita laddove vi siano un certo numero di parti l’anno. E sono passati troppi mesi da quando come Sindacato abbiamo evidenziato alla Regione e alla Commissione consiliare competente, senza risposta, alcuni problemi che richiedevano un intervento per mettere in sicurezza proprio i punti nascita del trevigiano. Una risposta, invece, è arrivata dalla direzione dell’Ulss. Cortese e tecnica come è comprensibile e naturale, ma dalla politica silenzio. Anche quando l’organizzazione è perfetta si possono verificare drammi - aggiunge Bernini -. Ci sono situazioni, tragiche fatalità, che prescindono da tutto. Proprio per queste ragioni l’ambito sanitario è quello dove nulla deve essere lasciato al caso e richiede grande programmazione, formazione continua, costante elaborazione e applicazione di protocolli e linee guida delle pratiche scientifiche. Alla pari richiederebbe anche un approccio diverso in merito risorse umane, sulla distribuzione territoriale delle specialità, sugli standard legati alla sicurezza di chi fruisce di un diritto di cittadinanza e di chi lo eroga. Gli addetti ai lavori e chi ha la responsabilità della gestione delle aziende sanitarie lo sa bene. Chi ogni giorno deve garantire un servizio tanto delicato per le condizioni delle persone sa bene che i servizi vanno previsti e organizzati proprio a partire dalle evenienze più drastiche, per limitarle quanto più possibile. Un approccio questo fondamentale che dovrebbe mettere davanti la responsabilità della sicurezza dell’assistenza, delle cure e dei lavoratori a qualsiasi cosa. Un approccio - conclude Bernini - che dovrebbe essere noto non solo al legislatore regionale ma anche agli amministratori locali, proprio a partire dai Sindaci che sono la prima autorità per la salute pubblica della comunità».

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