Confessioni di un vaccinato scontento
Mi sono vaccinato: ho fatto la prima dose con l'ansia e lo stress per una scelta mai realmente sentita come mia e alla quale sono approdato solo dopo l'annuncio del Green pass.
Faccio parte della cerchia arrivata al vaccino dopo un tortuoso percorso fatto di dubbi, preoccupazioni, paure e per questo motivo voglio esprimere il punto di vista di chi si è vaccinato a denti stretti. Pensavo che una volta fatta la prima dose mi sarei sentito finalmente sollevato, credevo avrei avuto la coscienza a posto sapendo di aver fatto il mio dovere civico. A distanza di due settimane la situazione è ben diversa: i postumi della prima dose (un banale dolore al braccio e un po' di intontimento il giorno dopo) sono nulla in confronto alle preoccupazioni che si addensano sulla tenuta sociale del Paese. Non so quando il mio patto di fiducia con lo Stato tornerà a rinsaldarsi e tale sfiducia verso le istituzioni, inasprita dal momento, non è di buon auspicio. Nell’ultimo anno e mezzo ci siamo isolati nelle nostre case, abbiamo rinunciato a relazioni, soldi, lavoro, passioni. Abbiamo riposto le nostre vite in una scatola, senza sapere se e quando saremmo tornati alla normalità. E proprio adesso, quando dovremmo fare fronte comune, ci troviamo davanti ad una parte cospicua di Paese additata come "feccia da stanare".
Provo nausea pensando che, dopo aver patito una sequela interminabile di lockdown, adesso dovremo pure affrontare il conflitto intestino tra "pro vax" e "no vax". Mi fa male parlare con la cassiera del supermercato che sbuffa "Io non mollo un centimetro" con gli occhi infuocati, col gelataio che asserisce "Piuttosto rischierei il Covid" o con la collega che timidamente dice "Ho paura! Ma non lo dico a nessuno perché temo le reazioni". Da cittadino che vorrebbe un Paese unito, questa frammentazione mi addolora. E lo fa ancora di più vedere che lo Stato non ha percorso una strada diversa: quella dell'apertura e dell'incontro, non certo quella della paura e della caccia all'untore. La vaccinazione di massa è una delle strade percorribili per cercare di arginare una pandemia? Si, lo è. È un intervento straordinario teso a creare una protezione dalle conseguenze nefaste del virus per le fasce più a rischio e per tutti gli altri. Non possiamo sapere quali rischi comporti questa scelta sul lungo periodo, ma vista l'eccezionalità del momento è una strada percorribile. Non diffido della scienza: ho fatto tutti i vaccini previsti negli anni passati. Ma è la prima volta nella storia dell'uomo che viene adottata una vaccinazione di massa nel bel mezzo di una pandemia. Quindi credo sia legittimo avere dubbi, insicurezze o semplicemente paura. Una paura ancestrale, perché legata allo spirito di sopravvivenza delle persone. Una paura che può sublimare in teorie definite "complottiste" che fungono da pretesto per fare quadrato attorno al terrore di farsi iniettare qualcosa di mai usato prima. Viviamo il massimo picco tecnologico della storia umana: i social ci vomitano informazioni (vere o fake) dalla mattina alla sera, siamo iperconnessi e iperterrorizzati da mesi e non ci siamo mai sentiti così soli e abbandonati come adesso. Sicuramente l'adozione del Green pass sta funzionando in modo machievellico, visto che anche io, pur con i miei legittimi dubbi, ho scelto di vaccinarmi. Però l'ho fatto con l'amaro in bocca. L'ho fatto perché immaginare la mia vita diluita tra un tampone e l'altro, da fare con largo anticipo, mi avrebbe arrecato una sensazione d'ansia tremenda e perché sono stremato da quattro stagioni d'isolamento. Voglio poter andare al cinema quando mi pare, al ristorante, frequentare corsi, vedere gente. E per questo ho ceduto, per l'ennesima volta durante questa pandemia, una fetta della mia libertà accettando di farmi vaccinare. L'ho fatto col cuore affranto, perché non avrei voluto approdarci in questo modo ma in piena coscienza e volontà. E proprio per questo capisco e rispetto sia chi si è fiondato a farsi vaccinare, sia chi sta sulle barricate. Mai come in questo momento, la cura dei nostri mali non passa solo attraverso un siero, ma soprattutto attraverso la qualità delle relazioni umane che tessiamo ogni giorno. Per guarire dalle sue ferite questo Paese necessita di una comunità salda e unità. E uno stato coeso non passa attraverso imposizioni vere o mascherate. Non dopo un anno così duro, dove tutti abbiamo dovuto sacrificare qualcosa senza poter scegliere. Arrivati a questo punto, al posto di minacciare, "stanare" o denigrare, vorrei che fosse fatta un'imponente campagna di avvicinamento delle persone diffidenti verso il vaccino, per dare loro tutte le informazioni possibili e immaginabili e portando loro i dati, i benefici e i possibili effetti collaterali con pazienza, trasparenza e umanità. Perché essere vaccinato, ma sentirsi costretto e attorniato da iene che si azzannano e sbraitano dalla mattina alla sera, è la prospettiva peggiore per pensare di riportare il paese in quota. E qualora ci fossero persone ancora fortemente indecise, sarebbe bello non fossero etichettate come "di serie B". Perché la loro animosità, il loro risentimento e la loro rabbia, sarà tutto fuorché un collante per rimettere assieme i pezzi di un'Italia sfiancata. Insomma, se Green Pass deve essere, che almeno sia realmente qualcosa che tutela tutti e che cerca di renderci coesi.
Massimiliano