25 Aprile, Valle Po incontra l'Ultimo miglio della Treviso-Ostiglia
Una mattinata di pioggia sferzante ha salutato gli impavidi ciclo-escursionisti che dalla lontana Valle Po sono scesi per una tre giorni di "full-immersion" lungo gli itinerari ormai divenuti patrimonio comune dei più attenti e curiosi viaggiatori italiani ed europei senza bisogno di surreali campagne milionarie piene di strafalcioni pacchiani e miserandi errori di traduzione (il lago di Misurina che diventa lago di Misurata, Brindisi mutata in Toast- brindisi in tedesco).
L'Ultimo Miglio era pavesato a festa coi tricolori e garrivano le bandiere sulle acacie del Bosco Lineare ad abbracciare Silvio, Donatella, Maurizio e Cinzia fermatisi a rifocillarsi al vecchio casello ferroviario che un attento e prezioso restauro ha restituito a nuova vita come confortevole ristoro e, all'occorrenza, punto di pernotto. Mentre i cuneesi raccontavano di Bronda, Infernotto, Varaita, i paesi della comunità montana di Valle Po e di quel Pian del Re da cui origina il fiume più lungo d'Italia ,sorseggiando dei caldi tazzoni di buon caffè, qui si ricambiava illustrando le sorgenti del nostro Sile, il fiume di sorgiva più lungo d'Europa, i tesori artistici come la pala di Lorenzo Lotto a Santa Cristina di Quinto, le ville venete, come la Pisani o la Malcontenta, il Graticolato romano di Piombino Dese che fece da schema urbanistico per la città di New York o esempi d'arte affatto minore come le edicole votive, in Piemonte le chiamano "piloni", che punteggiano, numerose, i vari tracciati ciclopedonali che si diramano in tutta la nostra regione, dai monti al mare, sempre affrescate con indubbia maestria dagli "Itineranti", artisti di strada che giravano per città e campagne alla ricerca di qualche commessa o, almeno d'un piatto di minestra calda. Un pensiero doveroso, vista la giornata, ha interrotto per un po' il fluire dei racconti, pensiero dedicato ai caduti per la Libertà che sia lassù, in quella valle di confine tra Francia e Italia, che quaggiù in pianura furono oltre 60mila, tra militari e civili, a cui vanno aggiunti i deportati nel lager, con l'inno di Mameli ,che risuonava dagli altoparlanti del vecchio casello che sui binari che lo lambivano aveva visto passare i carri piombati degli ebrei destinati ai campi di concentramento, le tradotte di quanti andavano a morire nelle steppe russe, armi, carriaggi e vettovaglie per i vari fronti sparsi in Europa; binari poi sventrati dalla tempesta di bombe che decapitò il capoluogo della Marca seminando ancora morte, dolore e distruzione in quello sciagurato 7 Aprile 1944. Un inno cantato tutti assieme mentre un folto gregge di oltre 1500 capi transitava di buon passo guidato da Matteo, Marco e Luca, 3 giovani pastori trentini che si sono uniti per un brindisi veloce - i loro armenti avevano davvero un passo da bersaglieri !- ed un evviva al 25 Aprile, festa della Liberazione, cantando a pieni polmoni "Bella ciao" mentre sfilavano tra i tricolori.
Vittore Trabucco