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Intervista all'arbitro internazionale di tennis trevigiano Francesco Di Mauro

Di Mauro l'ho trovato durante i service fotografici e press e ho approfittato della sua funzione per vedere se ci sono altri giovani trevigiani interessati a condividere il testimone tennistico. E' sicuramente il successore di Rino Meneghin. Avanti c'è posto !

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TrevisoToday

Racconta qualcosa di te....

Mi chiamo Francesco Di Mauro e ho 25 anni. Sono originario di Pieve di Cadore, nel bellunese, ma da quando ho cominciato l’università mi sono trasferito stabilmente a Treviso dove tutt’ora risiedo. Sono laureato in Conservazione e Gestione dei beni culturali presso l’università Ca’ Foscari di Venezia e al momento sto frequentando l’ultimo anno di specialistica in Storia dell’Arte, sempre a Venezia.

Riassumi brevemente la tua carriera come arbitro.....

Al momento detengo le qualifiche di Arbitro di sedia nazionale, di Giudice arbitro di secondo livello e di giudice di linea. Come Arbitro posso vantare più di quattrocento match diretti, arrivando ad arbitrare stabilmente, a livello nazionale, nei campionati di serie A2 e A1. Inoltre, ho diretto diversi tornei internazionali, tra cui competizioni ITF maschili e femminili, e per due anni sono stato selezionato per le fasi finali del Trofeo Bonfiglio di Milano, una delle competizioni più importanti al mondo a livello juniores. Come Giudice Arbitro ho diretto diversi tornei a livello regionale e sono stato designato come Giudice assistente per la Veneto Padel Cup nel 2021. Inoltre, come giudice di linea, ho partecipato a numerosi tornei internazionali arrivando nel 2022 a far parte del team della finale di due tornei WTA del circuito maggiore, a cui partecipavano giocatrici attualmente nella top 10 della classifica mondiale.

Come hai iniziato ad arbitrare?

È iniziato tutto per caso quando avevo 17 anni. Ho sempre giocato a tennis per divertimento ma non sapevo niente riguardo al mondo dell’arbitraggio. Nel 2014 organizzarono un torneo per professionisti a Cortina d’Ampezzo, vicino al mio paese natale, e dato che frequentavo quel circolo, mi proposero di fare il giudice di linea durante la settimana della competizione. È stato il mio primissimo contatto con il mondo degli ufficiali di gara, e replicai l’esperienza l’anno dopo. Una volta conseguita la maturità, mi trasferiì a Treviso per iniziare l’università e venni a conoscenza del corso, indetto dalla federazione, per la formazione di nuovi arbitri di sedia. Senza pensarci due volte mi iscrissi e, acquisita la qualifica, cominciai le mie prime esperienze come arbitro, parallelamente all’attività come giudice di linea che non avevo mai interrotto e continua tuttora.

Ti ricordi la prima partita che hai arbitrato dopo aver superato il corso?

Si, difficile da dimenticare. Pochi giorni dopo il superamento dell’esame, mi chiamò il responsabile regionale degli arbitri dell’epoca chiedendomi se fossi disponibile il giorno successivo ad andare in un circolo poco lontano da casa mia a dirigere un paio di partite per fare esperienza. Naturalmente accettai, e ricordo che passai tutta la mattina a girare per Treviso alla ricerca del necessario per arbitrare. Mi presentai al circolo il pomeriggio e l’ufficiale di gara preposto alla gestione del torneo mi assegnò una partita… quasi quattro ore di match. Il classico battesimo del fuoco. E da quel giorno non hai più smesso… Da quel giorno è iniziata la gavetta. All’inizio non ero tra i più dotati, e non avevo nemmeno particolari conoscenze nell’ambiente, così ho dovuto lavorare assiduamente per tre anni prima di poter raggiungere un livello discreto. Più di una volta in quel periodo ho pensato di smettere perché affrontavo partite difficili che facevo fatica a gestire e non mi sentivo all’altezza. Tenendo duro e continuando a lavorare, ho superato quello che potremo definire lo scoglio iniziale. E poi sono cominciate ad arrivare le prime soddisfazione.

Quindi dopo i primi anni di gavetta, possiamo dire hai fatto il salto di qualità?

In un certo senso, si. Ho acquisito molta più sicurezza in me stesso e ho finalmente cominciato a divertirmi arbitrando. In parallelo, il livello delle partite che dirigevo si è alzato e nel 2019 ho fatto le mie prime esperienze a livello internazionale. Ho bei ricordi di quelle prime esperienze in tornei professionistici perché si lavora insieme ad arbitri che lo fanno di professione, il livello del tennis comincia ad essere discretamente alto e le partite sono molto più tirate.

Che caratteristiche deve avere secondo te un buon arbitro di tennis?

Dire una buona vista è riduttivo. Un buon arbitro deve avere i nervi saldi. A mio parere salire su una sedia da arbitraggio dà una sensazione di solitudine. All’improvviso ti trovi da solo, con due giocatori, e un pubblico che ti guarda. Non puoi parlare nè consultarti con nessuno e devi prendere delle decisioni in meno di un secondo. È una sensazione strana e spesso non è facile mantenere il sangue freddo per diverse ore senza avere dei momenti di cedimento. Inoltre, un buon arbitro deve studiare tanto e costantemente. A nessuno livello un arbitro può affermare di sapere tutto. Se manca la voglia di aggiornarsi costantemente e di cercare sempre di migliorare, difficilmente si fa strada in questo mondo. Riesci a conciliare gli studi universitari con questa attività? Non è sempre facile. Soprattutto nei periodi adiacenti agli esami, assentarsi per una o due settimane per andare in giro per l’Italia non è certamente l’ideale. E’ tutta questione di organizzazione e programmazione. Ma non di rado ho dovuto rinunciare ad un torneo per studiare, o posticipare un esame pur di partecipare ad un torneo particolarmente importante. Molto spesso le partite si svolgono il sabato e la domenica.

Per un ragazzo giovane non è proprio l’ideale, giusto?

Si non è sicuramente l’ideale. Nei periodi più densi di competizioni, non mi posso di certo permettere di uscire il sabato sera con gli amici dato che la domenica mattina spesso la sveglia suona alle quattro o alle cinque… E’ una questione di scelte e di rinunciare a qualcosa.

Se dovessi tirare le somme dopo quasi sei anni di lavoro?

Direi che lo rifarei mille volte. Anche pensando ai viaggi interminabili e alle difficoltà iniziali, considero questo percorso come un’esperienza che mi aiutato molto a crescere come persona, anche caratterialmente. Pensi di voler intraprendere la carriera da arbitro professionista? Al momento sto ancora studiando all’università e ho altri obbiettivi nella vita. Ma mai dire mai…

Cosa consiglieresti ad un ragazzo giovane che sta cominciando il tuo stesso percorso?

Di essere perseverante e di studiare molto. Lavorando a testa bassa, partita dopo partita, alla fine i risultati e le soddisfazioni arrivano. Il segreto è non mollare alle prime difficoltà e pensare solo a migliorarsi.

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