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Crollano le nascite nella Marca, quasi 3mila in meno in 8 anni

Virginio Biscaro, segretario generale dello Spi Cgil di Treviso: «La nostra provincia è sempre più anziana e non c'è un vero ricambio generazionale»

La Marca trevigiana è nel suo “inverno demografico”. Se da un lato le culle degli ospedali rimangono ormai sempre più vuote, dall’altro la popolazione anziana continua ad aumentare. E’ una crisi profonda quella che sta vivendo la provincia di Treviso e a dirlo è una ricerca dell’Ufficio Studi Spi Cgil–Dipartimento Contrattazione Sociale di Treviso realizzata sulla base dei dati forniti dall’Istat al 1° gennaio 2021. «In passato fece molto scalpore il dato di 509mila bambini nati nel 2014, mai così pochi dall'Unità d'Italia - dichiara il segretario generale Spi Cgil di Treviso, Virgilio Biscaro – In quel momento fu chiara la necessità di nuove politiche familiari per invertire la tendenza sulla natalità, così da dare un nuovo futuro al Paese, ma ciò non è mai realmente accaduto. Di questo passo nel 2050 l'Italia sarà più anziana e spopolata che mai». Il Centro Studio del sindacato dei pensionati, dati alla mano, ha dunque voluto lanciare alle amministrazioni comunali della Marca un messaggio di allarme sull’andamento demografico della provincia dal 2012 al 2021.

«La nostra ricerca ha fotografato il drastico calo nelle nascite e nella presenza di bambini nel periodo della prima infanzia - spiega la ricercatrice sociale Anna Rita Contessotto – Siamo di fronte ad un ricambio demografico e generazionale davvero minimo, un fenomeno diventato strutturale». Analizzando tutti e 94 Comuni della Marca, l’analisi dimostra come in provincia ci sia stato un aumento di residenti di sole 2.019 unità dal 2012 al 2021 (per un totale di 878.070 abitanti), con però un drastico calo di ben 10.239 residenti negli ultimi 12 mesi, dato purtroppo peggiorato anche a causa dei decessi dovuti al Covid. A preoccupare però maggiormente il sindacato è il fatto che in provincia continua costantemente ad aumentare la popolazione anziana (+29.139 over 65 per un +17% totale), mentre rimane in calo la cosiddetta “popolazione attiva” tra i 15 ed i 64 anni (-11.658 pari al -2%). E’ però il focus sulle nascite che lancia un vero e proprio segnale di non ritorno alle amministrazioni locali. Dal 2012, infatti, si registrano oggi ben 2.994 nati in meno (-32% nella variazione delle nascite a livello provinciale), dato che accompagna un evidente spopolamento in quasi tutti i comuni della Marca, per una media del -25% di popolazione residente.

Nonostante la difficile situazione demografica, con picchi negativi soprattutto a Sarmede che registra un -69% nei nuovi nati (ma non meglio fanno Portobuffolé, Fregona, Monfumo, Casale sul Sile, Casier e Borso del Grappa), un piccolo segnale di speranza arriva da Loria, Segusino, Zero Branco, Cessalto e Cimadolmo (+30%), i soli cinque comuni trevigiani che registrano una variazione positiva. Molto preoccupante, poi, il dato sulla presenza di giovani da 0 a 14 anni su tutto il territorio provinciale che vede un -15.462 unità negli ultimi otto anni, per un calo complessivo del 12%. Inoltre, la popolazione 0-6 anni è calata in tutti i comuni della Marca (-20%), comportando spesso la chiusura di diversi asili o l’accorpamento di scuole pur di creare classi con un numero sufficiente di iscritti.

In questo caso sorprende che la zona meno colpita dal calo sia quella del vittoriese, «ma ciò è dato dal fatto che qui la bassa natalità è un fenomeno già strutturale – afferma Contessotto – In generale, infatti, tutta l’area della Pedemontana è meno recettiva in quanto negli ultimi anni si sta verificando un importante fenomeno di spopolamento a seguito dei pochi servizi che offre il territorio e delle minori possibilità lavorative». «Il calo consistente dei nuovi nati è sintomo di un indebolimento del sistema economico-sociale e culturale che darà effetti a lungo termine – conclude Biscaro - Nella Marca un indice di vecchiaia che presenta differenze così significative è derivante da uno scompenso del ricambio generazionale. È quindi necessario che le Istituzioni prendano coscienza dello scenario e attivino misure che invertano la tendenza degli ultimi anni. Si abbandonino dunque le varie forme assistenziali alle famiglie, come il “Bonus Bebè”, e si punti invece ad investire in strutture di aiuto come gli asili nido statali».

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