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Firmato storico accordo tra il "Cerletti" e la città brasiliana di Jundiaì

L’obiettivo è quello di condividere esperienze e conoscenze. Firmatari dell’accordo la dirigente scolastica dell'istituto enologico di Conegliano, Mariagrazia Morgan e il professor Eduardo Alvarez, rappresentante della scuola ETEC Benedito Storani

Una delegazione di Jundiaì (città di mezzo milione di abitanti nello Stato di San Paolo del Brasile) ha attraversato l’Oceano ed è giunta in Italia per cogliere i “segreti” della Scuola Enologica di Conegliano e siglare una lettera di intenti. Firmatari dell’accordo - che ha sancito l’inizio della collaborazione tra le due istituzioni - il Dirigente Scolastico dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “G.B.Cerletti”, Mariagrazia Morgan e il professor Eduardo Alvarez, rappresentante della scuola ETEC Benedito Storani. L’obiettivo condiviso si concentra su uno scambio di esperienze e conoscenze: «Vogliamo essere per il Brasile, quello che la Scuola Enologica è stata per l’Italia - ha dichiarato Alvarez. Un progetto ambizioso, seppur faticoso, che richiede un’efficiente comunicazione con la vostra scuola e il vostro territorio. Faremo anche un accordo con il Comune e con l’Università degli Studi di Padova».

Il documento, redatto nella mattinata del 7 novembre, offre un interscambio di percorsi formativi coniugando le innovazioni, che la produzione attuale impone, alla lunga tradizione di cui il “Cerletti” costituisce un punto di riferimento: «La nostra Scuola, fondata nel 1876, rappresenta un segno distintivo nel settore dell’agricoltura - ha sottolineato la Preside Morgan - favorita dalla stessa morfologia del territorio delle Prealpi Trevigiane. Oggi con questa lettera di intenti poniamo le basi, seguiranno i dettagli nel proseguo della collaborazione, in quanto il sapere nell’arte della vinificazione non è mai univoco, ma si basa su relazioni costanti».

Preside, vicepreside, alcuni docenti e la delegazione brasiliana

Conclusa la sottoscrizione del documento, la delegazione brasiliana è stata accompagnata in una visita panoramica della Scuola Enologica, assieme ai docenti Franco Curtolo, Sabino Gallicchio, Luigi Franco e all’ex alunno Davide Buffon. Il professor Alvarez, prima di raggiungere la sede del Comune di Conegliano, si è soffermato per un’intervista, al fine di illustrare il progetto dell’istituto brasiliano.

Per quale motivo ritenete opportuno un percorso formativo per produttori che già operano nel settore?

Il 70% dei nostri produttori è di origine italiana, pertanto c’è l’interesse a imparare dall’Italia; alcuni hanno realizzato cantine all’avanguardia, sulla linea delle nuove tecnologie, molti però non possiedono una formazione di base che ritornerebbe utile per innalzare ulteriormente la qualità. Lo scopo è quello di procedere con l’aggiornamento di queste persone e, successivamente, con la formazione di veri e propri tecnici dell’enologia. Lo Stato di San Paolo ha necessità di formare dei “tecnici” ma, prima ancora, urge l’aggiornamento delle numerose persone già inserite nel settore”.

Il vostro è un istituto superiore professionale che ora vuole promuovere una formazione di indirizzo tecnico. Ci vuole illustrare il percorso?

Si tratta di un anno e mezzo di frequenza, per conseguire una formazione tecnica nell’ambito dell’enologia, da istituirsi a conclusione della scuola superiore. Per i motivi precedentemente illustrati abbiamo anche “utenti” di sessanta/settant’anni, sostanzialmente produttori che da sempre ravvisano la necessità di una formazione specifica. Il nostro obiettivo - una volta terminata la formazione di queste persone - è quello di divenire un punto di riferimento per i giovani diciottenni, a conclusione dell’ordinario corso di studi superiori.

Jundiaì è una città che dista solamente sessanta chilometri dalla metropoli San Paolo, al quinto posto per la qualità della vita nel territorio sudamericano. Su cosa si basava l’economia del territorio precedentemente a questa attenzione rivolta al mondo dell’enologia?

E’ sempre stata un’economia fondata sull’agricoltura, in particolare sul settore agroalimentare (caffè, succhi di frutta). Non dimentichiamo, inoltre, che nel nostro territorio si trovava la più grande azienda del Sud America per la produzione di Coca Cola.

Possiamo dire che si è passati dalla tradizione del caffè alla produzione di vino?

Sicuramente. La città di Jundiaì - che vanta la prima ferrovia di collegamento con l’Oceano per l’esportazione di caffè - ha subito la crisi del 1929/30. Molti abitanti, per l’appunto di origine italiana, conoscevano la tradizione del vino tramandata dai loro nonni e inizialmente si erano orientati nella produzione di uva da tavola. Dopo la crisi, che ha segnato una battuta d’arresto per il commercio del caffè, hanno affinato le proprietà dell’uva per la trasformazione in bevanda. Dal Duemila si è posta l’attenzione sulla qualità e sulla cultura enogastronomica.

Quanto ha influito il turismo in questo cambio di prospettiva?

Moltissimo. I turisti da anni richiedono vini di qualità, soprattutto gli Italiani e i numerosi Veneti che frequentano il nostro territorio. Prenderemo accordi con il Comune di Conegliano in considerazione a questa richiesta. Vorremo che questo legame si potesse allargare e che il nostro istituto potesse essere un faro di orientamento per il Centro Paulo Souza e per l’intero Brasile, così come la Scuola Enologica lo è stata per il Veneto e per l’Italia.

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