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Morti sulle strade, Fiab Treviso: «Limite di 30 all'ora per ridurre gli incidenti»

L'associazione trevigiana torna sulla proposta di abbassare i limiti di velocità nei centri cittadini, incentivando la creazione di piste e corsie ciclabili e ciclopedonali. «Necessaria presa di posizione forte da parte di Provincia e Regione»

Nelle ultime settimane, sulle strade della Marca, è stato raggiunto un triste primato: nove persone hanno perso la vita in nove giorni. Le cause principali degli incidenti sono l'alta velocità, la distrazione con principale imputato il cellulare, ed in generale i comportamenti scorretti alla guida, con cause realmente accidentali che determinano solo una piccola percentuale dei feriti e dei decessi.

Fiab Treviso da diversi anni ormai cerca di far presente la necessità di moderare il traffico sulle principali arterie di accesso alla città, dove spesso le auto sfrecciano su rettilinei: «Non vi sono protezioni per gli utenti deboli della strada e dove spesso avvengono incidenti. Purtroppo la radicata convinzione è che il traffico vada fluidificato. Una convinzione che va contro ogni studio e ogni logica. La Moderazione del Traffico migliora la città perché crea un contesto adatto a tutte le utenze. Infatti, la sicurezza migliora non solo per le persone vulnerabili in bici e a piedi. Resiste poi la convinzione che il traffico si risolva aumentando infrastrutture quali strade e parcheggi, mentre invece va regolato, abbassando la velocità dei veicoli, modificando le strade in modo da evitare il più possibile che gli errori e i comportamenti di chi guida si trasformino in tragedie, incentivando il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile in modo da avere meno auto in strada. Nel Convegno da noi organizzato in marzo con la collaborazione del Comune, “Verso la Città 30”, abbiamo presentato buone pratiche già applicate ampiamente in ambito urbano sia inItalia che all'estero. Un esempio fra tutti è quello di Bologna, che si appresta a diventareufficialmente Città a 30km/h a partire dal 1° luglio. L'introduzione del limite di velocità di 30 km/h a Londra, per esempio, ha portato ad una riduzione del 36% degli incidenti che coinvolgono utenti vulnerabili della strada. I monitoraggi effettuati da Transport for London hanno inoltre appurato che vi è stata una riduzione del 25% degli impatti che coinvolgono veicoli, così come del 25% è stata la riduzione degli impatti che causano morte e ferite gravi delle persone a bordo delle vetture. I dati coprono il periodo a partire da marzo 2020, quando la misura è stata applicata nel centro di Londra. Il limite verrà ora esteso a zone sempre più ampie. Ma per restare più vicino a noi, oltre alla già citata città Emiliana, il limite esteso di 30km/h è applicato in diverse località Italiane, tra cui Olbia, Cesena e la città 30 più lunga d'Italia: 7 comuni del litorale teramano, per una lunghezza complessiva di 45 chilometri.

Un ruolo fondamentale nel successo degli interventi di moderazione del traffico ha la convergenza tra visione politica e opinione pubblica - continuano dall'associazione trevigiana -. Il rischio connesso all’andare in bicicletta per scopi non agonistici (velocità < 30 km/h) è trascurabile e paragonabile a quello dell’andare a piedi. Il rischio per ciclisti e pedoni è quello di essere investiti da mezzi motorizzati che vanno ad una velocità di 50km/h e oltre. Per questo motivo, l'obbligo del casco non è efficace per migliorare la sicurezza delle persone: i caschi sono generalmente omologati per impatti di 25km/h, cioè in pratica se si cade da soli. Non per niente, nei paesi dove si va più in bicicletta, uno fra tutti l'Olanda, il casco non è obbligatorio e nessuno lo usa per spostarsi in città; da notare comunque, che il rispetto delle persone a piedi e in bici da parte di chi è in macchina, oltre che dalla presenza di una rete capillare di percorsi ciclabili protetti, è anche dovuto al fatto che gli automobilisti olandesi sono per la maggior parte essi stessi ciclisti. È verificato che per impatti con velocità inferiori a 30 km/h (equivalenti ad una caduta da un primo piano di un’abitazione) la probabilità di morte è trascurabile, a 50km/h (come una caduta da un terzo piano) un impatto su due può risultare mortale mentre per velocità superiori ci si avvicina alla certezza della fatalità. Inoltre se un mezzo motorizzato incrocia una bici/pedone a 30 km/h il tempo di reazione è minore di quello di frenata (quindi evita l’impatto) mentre a 50km/h, considerando il tempo di reazione, l’investimento è inevitabile. Infine anche il campo visivo si restringe con la velocità: a 30km/h un bambino o una bici che sbuca all’improvviso è visibile, ma a 50 non lo è più. Noi di Fiab Treviso - concludono - incoraggiamo e sosteniamo in maniera fattiva e propositiva le amministrazioni nel rendere città e paesi sempre più a misura di persone con piste e corsie ciclabili e ciclopedonali, moderazione del traffico ed istituzione di zone 30 estese, oltre che l'adozione di interventi ben collaudati a livello europeo, ed adottati già in molte città italiane: le cosiddette “porte d'accesso” che segnalano fisicamente all'automobilista il passaggio in una zona abitata e ferquentata da un'utenza debole, con negozi e scuole; oltre alle “chicane”, con aiole e alberature, come per esempio è stato fatto a Mestre. Infatti, per moderare realmente il traffico, purtroppo non bastano i cartelli ma occorre implementare misure infrastrutturali per segnalare anche all'automobilista distratto la necessità di limitare la velocità. È necessaria una presa di posizione forte, anche di concerto conl'amministrazione provinciale e regionale, per la gestione di quei tratti stradali che in quanto non di competenza comunale, pur attraversando centri urbani, spesso non sono oggetto di interventi. Oltre a salvaguardare gli utenti deboli della strada, queste misure migliorano anche la sicurezza di chi va in macchina, ed hanno ricadute assolutamentepositive per le attività commerciali e la vivibilità generale delle città e dei paesi. Interessante poi il fatto che limitare la velocità a 30 km/h di fatto non riduce la velocità degli spostamenti, ma casomai limita la quantità di inquinanti e polveri sottili causata dallo “stop and go”. Riteniamo che una società moderna che mira alla qualità della vita debba mettere in atto processi di moderazione del traffico e di restituzione delle strade alla vita delle persone».

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