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Alpini in lutto: è morto il mulo Iroso, aveva 40 anni

Ad annunciare la morte del “generale Iroso” il presidente della sezione Ana, Francesco Introvigne. Lo zoccolo con il suo numero di matricola sarà conservato in una teca speciale

Un secondo lutto ha colpito all’improvviso la sezione Ana di Vittorio Veneto: nel giorno del funerale dello storico segretario Giacomino Tomasella è venuto a mancare durante la notte l’ultimo mulo alpino rimasto in vita. All’età di 40 anni paragonabili ai 120 anni umani è morto infatti Iroso, vera icona dell’alpinità.

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Gli acciacchi dell’età lo avevano piuttosto debilitato nelle ultime settimane, ma fino allo scorso anno e a pochi mesi fa  è stata la “stella” del reparto Salmerie e delle adunate nazionali e del Triveneto: il mulo più famoso dopo il “congedo” forzato e l’acquisto da parte di Toni De Luca, insieme ad altri 11 compagni ad un’asta negli anni’90. Erano destinati alla macellazione. Antonio De Luca li ha salvati. Poi uno alla volta sono morti, ma Iroso è rimasto, da solo. Fino ad ora. Ad annunciare la morte del “generale Iroso” il presidente della sezione Ana, Francesco Introvigne: «E’ stata morte naturale – dice – anche lui è arrivato a fine corsa di una vita lunghissima (i muli al massimo arrivano ai 35 anni), era ormai allo stremo delle forze. Ultimamente è stato tenuto in disparte dalle visite che nella stalla di De Luca si susseguivano, soprattutto dopo il compleanno dei 40 anni lo scorso gennaio. La sua è stata una lunga e onorata carriera, una vera icona da alpino in armi che da congedato. Era davvero il simbolo della nostra sezione e del reparto Salmerie che ora è davvero molto addolorato della perdita, anche se si sapeva che la fine poteva arrivare da un momento all'altro».

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Tra l’altro da Bologna in questi giorni doveva ritornare a trovare Iroso, il piccolo “sconcio” Giacomo, con cui aveva una fraterna e inusitata amicizia. A Giacomo è stata tenuta nascosta la notizia. Ne soffrirebbe troppo. Dovrà essere preparato nel tempo. «Di sicuro non verrà dimenticato, anzi lo ricorderemo nel migliore modo possibile nel futuro - conferma Introvigne - Di certo conserveremo lo zoccolo con il numero di matricola 212 in una teca. Abbiamo qualche idea, ne parleremo dopo una riunione nei prossimi giorni. Un suo ricordo sarà anche al monumento alle Penne nere di piazza Sant’Andrea. Abbiamo tanti episodi della vita di Iroso, anche del piccolo Giacomo, il più giovane del reparto. Vedremo di onorarlo insomma al meglio sapendo che è una parte che rimarrà vivente nel nostro cuore e nella nostra sezione».

«Come tutti i veri Alpini, anche il Generale Iroso non è morto, è semplicemente andato avanti, per restare comunque per sempre nei nostri cuori». Con queste parole il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha ricordato l’epopea del mulo “Iroso”, l’ultimo mulo alpino rimasto in vita, con la matricola 212 ancora stampigliata sullo zoccolo, che oggi, a 40 anni, è “andato avanti”, come usano dire gli Alpini di un loro commilitone che non c’è più. «Tante volte ci siamo incontrati con Iroso – ricorda il Governatore – e ogni volta era come ritrovare un vecchio amico, non solo un animale di accarezzare e rispettare. Un amico degli alpini, di noi grandi come dei tanti bambini che se ne innamorarono incontrandolo, all’adunata degli Alpini di Treviso 2017, come in occasione del suo compleanno che festeggiammo a Vittorio Veneto. In lui c’è stata una fierezza straordinaria, con la quale ha rappresentato tanti valori: l’alpinità, la storia del nostro territorio, l’identità del Veneto e delle genti di montagna. Un grazie particolare in questo momento di profondo dispiacere – aggiunge il presidente della Regione – va a Toni de Luca, che salvò lui e i suoi compagni reduci dalla chiusura del reparto salmerie dell’esercito, alla moglie e alla famiglia di Toni e a tutti gli Alpini che in tanti anni, con tanto amore, lo hanno accudito, curato, seguito come meritava, perché il Generale Iroso ha meritato davvero tutte le attenzioni che ha ricevuto. Oggi – conclude – è bello immaginarlo lassù, forte e vitale come un tempo, a sfidare di nuovo un sentiero impervio di montagna, perché Iroso non è morto, è andato avanti su quel sentiero». 

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