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Venerdì, 26 Aprile 2024
Attualità Sant'Antonino / Piazzale dell'Ospedale

Coronavirus, primo medico di base morto in Veneto: è la dottoressa Samar Sinjab

Originaria di Damasco, in Siria, aveva 62 anni. Esercitava a Mira, in provincia di Venezia. Il decesso giovedì mattina, 9 aprile, all'ospedale Ca' Foncello di Treviso

Alla fine è successo: anche il Veneto ha il suo medico di famiglia morto per cause collegate al Coronavirus. Stamani, giovedì 9 aprile, alle ore 8.30 è mancata, nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Ca' Foncello dove era ricoverata da diverse settimane, la dottoressa Samar Sinjab.

Originaria di Damasco, in Siria, aveva 62 anni. Era venuta in Italia per studiare medicina. Lavorava come medico di base a Mira, nel Veneziano, dove ha continuato a lavorare in prima linea fino a quando le forze gliel'hanno consentito. L'ultimo messaggio sulla sua chat di Whatsapp risale allo scorso 8 marzo ed era una risposta a una paziente risultata positiva al virus. Ricoverata a Treviso dopo essere risultata positiva al test del tampone, la dottoressa Samar Sinjab si è aggravata nelle scorse ore, venendo a mancare dopo 31 giorni di ricovero in Terapia intensiva. Lascia il marito e i due figli, tutti medici di professione. Non era considerata solo come un medico di famiglia ma una vera e propria amica per i suoi 1600 pazienti seguiti insieme al figlio che oggi chiede di poter continuare il lavoro della mamma iniziando a prendersi cura del suo ambulatorio. 

Il commento della Federazione italiana medici

«La collega - ricorda in una dura nota la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) del Veneto - esercitava a Mira e, nonostante avesse importanti fattori di rischio, ha continuato ad assistere i suoi pazienti con dedizione. Per la Fimmg del Veneto e per tutti i medici di famiglia della regione - afferma Domenico Crisarà, segretario regionale Fimmg - questo è un momento duro. Ci eravamo illusi che, anche con situazioni preoccupanti come quella di Samar e di altri colleghi, eravamo riusciti ad evitare che anche in Veneto ci fossero medici di famiglia morti. E' evidente che quello cheabbiamo fatto non è stato sufficiente - aggiunge Crisarà - ma è altrettanto evidente che questa morte, le altre situazioni gravi e le contaminazioni dei medici di medicina generale è prima di tutto il risultato della scarsa attenzione che numerose aziende sanitarie, tra cui la Ulss veneziana primeggia insieme a Vicenza e Verona, hanno dedicato ai medici di famiglia e di continuità assistenziale. Forniture assolutamente inesistenti di dispositivi di protezione, nessuna prevenzione, se non in queste ultime settimane, attraverso l'esecuzione di tamponi con tempi di refertazione che superano spesso i 10 giorni e che non vengono ripetuti con nonostante il contatto continuo con i pazienti, hanno portato a questa giornata di lutto. Quelle che non sono mancate sono state le innumerevoli circolari e linee guida (spesso in contraddizione tra loro) di cui ci hanno inondato - prosegue il segretario regionale - Non è da dimenticare la direzione della Protezione civile che non solo non ci ha tenuto in nessuna considerazione - dice Crisarà - ma ha anche tentato di requisire i dispositivi che Fimmg ha acquistato autonomamente. Nonostante tutto questo è il momento del fare, ma quello che è certo che Fimmg, quando l'emergenza sarà finita, chiederà conto di tutte le condotte omissive di chi sta comodamente seduto a metri di distanza dalle persone, dietro una scrivania, con una mascherina ad alta protezione facendosi ripetere tamponi di fatto inutili».

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