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Bancarotta fraudolenta, scattano due obblighi di dimora e sequestri per 600mila euro

Quattro persone che hanno causato il fallimento di una nota società operante nel settore della produzione e commercio di articoli sportivi, sono state denunciate dalla Guardia di Finanza

Le Fiamme Gialle del comando provinciale di Treviso hanno concluso un’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica, all’esito della quale sono state denunciate per reati di bancarotta e autoriciclaggio quattro persone, che hanno portato al fallimento - dichiarato nel marzo dello scorso anno -  la Meccanica Genovese,  nota società operante nel settore della produzione e commercio di articoli sportivi.

Le investigazioni del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno permesso di accertare che la società fallita era stata gestita da due amministratori di fatto, il 61enne Enrico Spadetto e il 62enne Corrado  De Rui, entrambi residenti a Montebelluna (il primo ha anche un precedente specifico)  che, per oltre 20 anni, avvalendosi di numerosi prestanome (tra i quali i due indagati in questo procedimento, un dipendente della società e una donna rumena residente all'estero) hanno amministrato dieci società, tutte operanti nel medesimo settore economico e tutte condotte alla bancarotta. Le indagini si sono concluse con l’accertamento di distrazioni di liquidità per quasi 2 milioni e mezzo di euro, avvenute mediante prelevamenti di denaro contante o bonifici bancari, disposti a favore di società e trust riconducibili ai due principali indagati, tra cui una società bosniaca, costituita per abbattere i costi della manodopera.

I responsabili hanno peraltro falsificato la contabilità della società fallita, allo scopo di camuffare, attraverso dati di bilancio alterati, le distrazioni di liquidità, e hanno omesso sistematicamente il pagamento delle imposte per quasi un milione e mezzo di euro. Parte dei profitti dei reati di bancarotta – per circa un milione di euro – è stata impiegata in una nuova società, riconducibile sempre ai medesimi indagati.

Per occultare la provenienza illecita delle somme di denaro utilizzate nella nuova società, gli indagati avevano peraltro predisposto negozi giuridici simulati, che venivano giustificati con l’emissione di false fatturazioni. Tali espedienti hanno quindi permesso alla nuova società di operare e ampliare il suo business servendosi del patrimonio della fallita, causando non solo un’evidente distorsione concorrenziale del mercato di riferimento, ma, soprattutto, un evidente danno alla massa dei creditori.

Accogliendo la proposta avanzata dal Pubblico Ministero, il Giudice per le indagini preliminari di Treviso ha quindi disposto, nei confronti dei due principali indagati, l’obbligo di dimora nel comune di residenza, oltre al sequestro di disponibilità finanziarie e beni immobili per oltre 600.000 euro (tra cui una porzione di Villa Spada, a Pederobba, una dimora storica di quasi 800 metri quadri) parte dei quali assegnati a un trust, risultato irregolare e quindi non utile a impedire l’esecuzione della misura cautelare.

Nell’ultimo anno, sono state 101 le operazioni condotte dalla Guardia di Finanza di Treviso nel settore dei reati fallimentari, con la denuncia di 197 persone e l’accertamento di distrazioni patrimoniali per oltre 42 milioni di euro. Questi dati testimoniano l’attenzione delle Fiamme Gialle trevigiane e della locale Autorità Giudiziaria nell’azione di contrasto a un tipo di illeciti particolarmente insidioso per la solidità e la credibilità di un sistema economico, quale quello della Marca, assai dinamico e vivace, ma la cui attrattività rischia di essere messa a rischio da condotte simili a quelle perseguite.

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