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Ateneo di Treviso, Vittorino Andreoli inaugura il 213esimo anno accademico

Venerdì 20 ottobre la cerimonia nel complesso del Seminario Vescovile di San Nicolò. La riflessione del celebre psichiatra: «Gli adolescenti hanno smarrito la dimensione del passato e non avvertono la straordinaria possibilità del futuro»

Ateneo di Treviso ha inaugurato venerdì 20 ottobre il suo 213esimo anno accademico alla presenza di un ospite davvero speciale: Vittorino Andreoli, medico e scrittore di fama nazionale, è intervenuto alla cerimonia tenutasi negli spazi del seminario vescovile di San Nicolò.

In apertura, la presidente dell'Ateneo di Treviso, Antonieta Pastore Stocchi, ha consegnato le pergamene ai nuovi soci corrispondenti, a quelli ordinari ed al nuovo socio onorario, Andreoli per l'appunto. Nel suo discorso lo scrittore ha detto che il tempo va visto come durata, non come frammentazione, un secondo staccato dall'altro, momenti scollegati dalla durata. Qui occorre segnalare la differenza tra emozioni e sentimenti. Le emozioni, quelle dei giovani, sono risposte a stimoli, cessano quando cessa lo stimolo, al contrario dei sentimenti, che tengono insieme il presente con il passato e guardano al futuro. Il gap generazionale è caratterizzato dalla frattura tra emozioni e sentimenti, che si supera non con le leggi o la polizia, ma con l'apertura e l'affetto.

Le parole di Andreoli

«Nell'epoca degli atto-secondi, è affascinante riflettere su ciò che rappresenta il tempo sulla nostra vita, la cui percezione può vederci avvolti dalla malinconia o esultanti nella gioia - ha esordito Andreoli -. Viviamo nella percezione del passato, del presente e immaginiamo il futuro. Tre paradigmi nei quali l'immaginazione è il motore della nostra storia, per noi che siamo regolati più dagli istinti che dai desideri. Dalla società della sopravvivenza - ha aggiunto il noto psichiatra e neurofarmacologo - siamo giunti alla società nella quale conta la qualità della vita. Del tempo passato conserviamo la memoria, ed alla passato tendono a guardare i vecchi: bellissimo vedere ciò che abbiamo immagazzinato. Lo suggerisce anche Proust: il passato, una magnifica ricerca da fare. Riscoprire cose nuove per migliorare gli eventi. Gli adolescenti hanno smarrito la dimensione del passato, come non avvertono la straordinaria possibilità rappresentata dal pensiero del futuro, a qualcosa che potrebbe esserci. Abbiamo invece bisogno del tempo che non c'è, è qui che viene fuori la creatività, il gusto di fare ciò che ancora nessuno ha fatto. Qui si inserisce la considerazione sul rapporto padri e figli, nel quale manca la simmetria della percezione del tempo, mancano addirittura lo stesso significato delle parole. Impensabile vivere senza futuro, bisogna insegnare i futuro al figli, dimensione in cui ci si può capire» ha concluso.

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