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I dubbi di Sandro Bottega sul futuro del vino dopo le grandi acquisizioni

La veneta Enoitalia si fonde con Italian Wine Brands per diventare il primo gruppo vitivinicolo, il titolo vola in borsa, ma non è tutto oro quel che luce

ll vino porta euforia in Borsa ma anche riflessioni tra gli imprenditori vitivinicoli italiani, tra questi il trevigiano Sandro Bottega, titolare di Bottega SPA.

Italian Wine Brands, prima azienda vinicola italiana a quotarsi in Borsa, sul mercato alternativo di Piazza Affari (Aim) vola dopo l’annuncio di aver sottoscritto accordi vincolanti per l’acquisizione del 100% del capitale di Enoitalia.

Enoitalia è uno dei principali produttori vinicoli italiani con circa 111 milioni di bottiglie vendute nel 2020, una quota di export pari ad oltre l’80% del fatturato e una posizione rilevante nella produzione e distribuzione di Prosecco, vini spumanti, frizzanti e fermi, sia bianchi che rossi.

Per rilevare l’Azienda fondata nel 1986 e interamente controllata dalla famiglia Pizzolo, di Calmasino (Verona) e Montebello Vicentino (Vicenza), Iwb pagherà 150,5 milioni di euro in contanti. 

Dopo la fusione delle due società nascerà il primo gruppo vitivinicolo privato italiano per dimensione, con ricavi da 405,1 milioni di euro.

La nuova realtà porterà, dicono i fautori dell'accordo, ad un rafforzamento della presenza sui mercati internazionali, in particolar modo in UK e USA. Inoltre, la base clienti si diversificherà grazie all’acquisizione di primari account internazionali operanti nella grande distribuzione. A questo va aggiunto il rafforzamento della capacità di vinificazione (in particolar modo di vini spumanti e frizzanti) e dell’imbottigliamento del gruppo, attraverso l’utilizzo dei siti produttivi di Calmasino e Montebello Vicentino.

Il commento non proprio entusiasta di Sandro Bottega, uno dei signori della grappa e del vino italiani che ha sempre guardato al mercato estero

La sua azienda ha un fatturato annuo di 60 milioni di euro. Il marchio Bottega è presente in più di 140 Paesi nel mondo, si trova nei più importanti duty free e viene proposto a bordo di oltre 60 compagnie aeree. Le diverse produzioni vanno dalle grappe al prosecco, ai vini, fino all’olio biologico e all’aceto balsamico, negli anni, hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali.

«La notizia dell’acquisizione di Enoitalia da parte di Italian Wine Brands, merita una riflessione, anzitutto sulla notizia stessa e poi sul futuro del vino italiano. Pur capendo le logiche che fanno muovere l’informazione, cioè di non essere sempre critiche, è giusto sottolineare che non possono nemmeno dire l’opposto della verità: i marchi descritti non sono Premium. E questo gli investitori, anche quelli futuri in borsa, lo devono sapere.
Ma la riflessione più importante riguarda l’effetto che queste acquisizioni e aggregazioni possono portare al futuro del vino italiano; anzitutto l’obiettivo deve essere quello di creare sinergie tecnico-qualitative-organizzative, che portino poi il gruppo ad aumentare i risultati sia in termini di fatturato che di miglioramento delle efficienze. A volte invece l’obiettivo è costruire una massa da portare in borsa, da vendere ai tanti investitori che non sempre ne hanno tratto profitto.
Credo che l’obiettivo corretto sia quello di costruire imprese o gruppi di imprese con la visione di un’economia di lungo termine, sostenibile ad ogni livello, compreso il punto di vista del consumatore, vero attore protagonista che, se non sarà soddisfatto, percepirà (e divulgherà) un’immagine non positiva di cui soffrirà tutto il comparto del nostro paese (che anticamente i Greci chiamavano Enotria).

È vero che le nostre aziende devono aumentare la propria massa critica per poter competere nei mercati internazionali con migliori organizzazioni, ma questo deve essere fatto costruendo una nuova generazione di imprenditori, mantenendoli sempre al proprio interno, come pure costruendo enologi di livello e uomini di marketing capaci di valorizzare a lungo termine la nostra ricchezza, il nostro lavoro e la nostra cultura. Questa visione, negli ultimi 40 anni, è attribuibile solo a imprenditori che, nel nostro settore, si chiamano Antinori, Frescobaldi, Nonino, Campari, e non certo ai gruppi finanziari, né tanto meno alle cooperative che hanno solo sfruttato il lavoro costruito da quegli imprenditori illuminati. Ben vengano le acquisizioni - anche da parte di gruppi finanziari se a fin di bene - ma certamente ricordiamoci tutti che la grandezza dell’Italia è di avere tanti imprenditori, tanti piccoli Leonardo Da Vinci che tutti insieme la rendono grande e con i vini migliori del mondo. Dobbiamo solo aggiornare il loro approccio con scuole adeguate, costruire un sistema Italia che funzioni anche nell’immagine e renderli responsabili del futuro di tutti.»

Sandro Bottega

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