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Cronaca Montebelluna

Teme che il gatto della vicina "mangi" i suoi uccelli da richiamo e lo uccide a fucilate

L'incredibile vicenda è avvenuta a Montebelluna nel 2020. L'uomo, un 60enne cacciatore, è stato anche denunciato per uccisione di animale. Il Tribunale Amministrativo ha confermato, nei giorni scorsi, il ritiro del porto d'armi

Ha trovato il suo micio, un bell'esemplare di gatto europeo, morto impallinato nel giardino di un vicino, amante della caccia. Sconvolta lo ha denunciato per uccisione di animale. Ma all'uomo, un 60enne residente in una zona collinare del montebellunese, per effetto della querela è stato anche imposto,  attraverso un provvedimento amministrativo, il divieto di detenzione di armi e munizioni. Lui, che si è sempre dichiarato innocente, ha presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo del Veneto che però ha, nei giorni scorsi, confermato il ritiro del porto d'armi. 

La vicenda è accaduta nel 2020. Il micio era solito gironzolare tra i giardini e spesso faceva visita a quello del cacciatore. Inutile dire che le gabbie dentro a cui il 60enne teneva i numerosi e chiassosi uccelli che usava come richiamo, rappresentavano una vera e propria tentazione. La padrona del gatto, dopo che un giorno aveva sentito partire dalla casa confinante dei colpi di arma da fuoco, si accorge che l'animale non fa ritorno a casa. Passa circa una settimana quando, mossa dal sospetto, si avvicina al giardino del vicino e lì scorge, riverso al suolo, il suo gattino esanime, a due metri dalle gabbie. Gli esami che la signora fa fare al cadavere dell'animale non lasciano dubbi: l'analisi radiografica scopre che all'interno del corpo si trovano addirittura sedici pallini da caccia.

L'uomo, che di fronte ai giudici amministrativi ha sempre sostenuto di non aver sparato al povero animale, alla signora, presenti due testimoni, confessa invece il crimine: avrebbe ucciso il gatto perché temeva che potesse mangiarsi gli uccelli. E non era neppure la prima volta che apriva il fuoco su animale domestico, minacciando peraltro la donna di "ritorsioni" se, con la denuncia, fosse arrivata la revoca del porto del fucile. E le stesse dichiarazioni erano state fatte alle forze dell'ordine, che l'avevano sentito a sommarie informazioni.

Nella sua decisione la prima sezione del Tar del Veneto scrive che "alla luce di tali rilevanti elementi, vengono meno le censure proposte nel ricorso per la sostanziale inattendibilità delle tesi del ricorrente, che afferma genericamente la propria estraneità ai fatti posti a fondamento dei provvedimenti impugnati senza allegare a supporto alcun principio di prova".
 

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