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Cronaca Nervesa della Battaglia

Ca' della Robinia, politica fu "asservita" ad interessi personali

Depositate la motivazioni della sentenza di primo grado con la quale i giudici hanno condannato tre protagonisti della vicenda. Implicato era stato anche l'allora assessore regionale ai servizi sociali Remo Seragiotto, nei confronti del quale c'è stata una pronuncia di non doversi procedere perchè l'eponente politico era nel frattempo deceduto

L'allora assessore ai servizi sociali della Regione Veneto Remo Sernagiotto e il "suo" dirigente Mario Modolo fecero soltanto i loro interessi. Che non erano quelli della collettività. In 82 pagine di motivazioni della sentenza di primo grado c'è tutta la "verità" giudiziale sul caso di Ca' Della Robinia, la cooperativa che avrebbe dovuto realizzare una fattoria sociale per disabili nella sede dell'ex Disco Palace di Nervesa ceduta però da Giancarlo Baldissin a un prezzo superiore a quello di mercato. "Vi fu un evidente asservimento delle funzioni e dei poteri (di Sernagiotto e Modolo n.d.r.) al loro esclusivo vantaggio personale" scrivono i giudici che a Treviso, in primo grado, hanno condannato l'ex dirigente a 4 anni di reclusione, Baldissin a tre anni e a tre anni (per bancarotta) anche Pierino Rebellato, consigliere della cooperativa che fu presieduta da Bruna Milanese, che dopo aver patteggiato due anni divenne l'accusatrice principale. Nei confronti di Sernagiotto, che fu anche europarlamentare di Forza Italia, i giudici avevano disposto il non doversi procedere in quanto l'uomo politico era nel frattempo deceduto. Ma i familiari vollero che il processo nei suoi confronti andasse avanti perché l'estinzione del reato non sarebbe stata sufficiente a riabilitarlo.

Il caso scoppiò nel 2017 quando la Procura chiuse una lunga indagine su un finanziamento regionale di circa tre milioni di euro che tra il giugno e il novembre del 2012 finì alla cooperativa, costituita con presunti scopi sociali nello stabile e nei terreni del Disco Palace, capitale dei venerdì, dei sabati sera e delle domeniche pomeriggio danzanti per tanti giovani trevigiani. La vendita sarebbe però avvenuta ad un prezzo maggiore a quello di mercato permettendo a Baldassin, che era il proprietario, di risanare la propria disastrosa situazione finanziaria. Su questo punto i giudici concordano che l'operato di Sernagiotto e Modolo portò alla liquidazione dell'area immobiliare dell'ex discoteca in "termini sicuramente vantaggiosi per valore e prezzo del tutto incongrui rispetto alla consistenza e appetibilità commerciale del bene", favorendo così l'imprenditore che risollevò "la dissestata condizione del patrimonio".

Ma non si trattò esattamente di un favore tra amici. Sernagiotto e Modolo erano infatti soci dell'Airone Blu, una società che gestiva i locali utilizzati dall'ex europarlamentare per le riunioni con i suoi sostenitori. Quella che nella sentenza di primo grado vengono definiti "la contropartita e il prezzo dell'accordo corruttivo" erano quattro assegni, del valore totale di 63.680 euro, che Baldissin aveva elargito alla "Airone Bu". Non è possibile al riguardo diversamente opinare - scrivono i giudici - e valutare tal genere di dimostrate condotte del Baldissin, che per sua accennata condizione economica non avrebbe avuto alcun motivo di operare questo tipo d'investimento e sottoscrizione, dal quale alcun vantaggio economico o di altra natura a lui sarebbe potuto derivare». La Corte dei Conti, nel 2021, assolse Sernagiotto condannando invece i titolario della cooperativa alla restituzione dei tre milioni di finanziamento.

Al posto di un laboratorio artigianale per la lavorazione del latte, un forno del pane e altre iniziative didattiche Ca' della Robinia si trasformò in una birreria, ceduta con affitto di ramo d'azienda al prezzo di 30.000 euro annui. Il progetto sociale, peraltro, era secondo i giudici senza futuro per l'impossibilità di "generare utili" in un ottica che avrebbe dovuti permettere anche la restituzione dei fondi pubblici ricevuti oltre che a causa di "scriteriate modalità di impiego dei finanziamenti pubblici" e di "operazioni poste in essere a favore di soggetti estranei alla coop e in conclamato conflitto di interessi".

Quanto a Pierino Rebellato la corte sottolinea "l'attivismo iniziale nel progetto che ha dato origine a Ca' della Robinia" la cui condotta successiva, però, è la prova evidente del suo "orientamento iniziale" volto "al totale dissesto della cooperativa". Rebellato sarebbe stato insomma "sicuro e consapevole protagonista" della bancarotta di Ca' della Robinia attraverso una "condotta di puntuale distrazione" e le "modalità di tenuta" di libri e scritture contabili "che non hanno permesso all'esito del suo fallimento di appurarne reale vita e andamento economico e di ricostruirne singoli e concreti operati, solo dall'esito di quest'indagine poi emersi".

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