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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Aggressione ad un operatore della Caritas, 36enne condannato a 2 anni e 8 mesi

Osain Mohamed Sharif, un cittadino di origine bengalese, aveva ferito al collo un addetto alla mensa dei poveri di Treviso il 22 marzo del 2023. L'uomo, originariamente accusato di tentato omicidio, è stato giudicato invece per lesioni personali aggravate

E' stato riqualificato in lesioni personali aggravate l'aggressione avvenuta il 22 marzo del 2023 ad un operatore della mensa della Carits, colpito di striscio al collo da Osain Mohamed Sharif, 36enne originario del Bangladesh. Così l'uomo, difeso dall'avvocato Matteo Maccagnani, ha evitato la dura pena che sarebbe scattata per tentato omicidio (almeno 10 anni): è stato condannato a 2 anni e 8 mesi, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. La Procura aveva chiesto 3 anni e 4 mesi mentre il difensore aveva invocato una condanna a 2 anni che potesse essere tramutata in espulsione dal nostro Paese. Ora Sharif, in carcere a Treviso dove deve scontare un anno e otto mesi per una tentata rapina avvenuta all'internet point di via Zenson soltanto qualche giorno prima l'aggressione, passerà qualche mese dietro alle sbarre prima di fare la richiesta di essere allontanato dal nostro Paese e tornare così in patria.

Sarebbe stato proprio il suo desiderio di tornare a casa il movente dei due fatti criminosi: il 36enne infatti avrebbe voluto attirare l'attenzione sulla sua condizione di immigrato illegale che, negli anni passati in Italia, si era visto sempre respingere la domanda di asilo politico ma che non poteva tornare in Bangladesh a causa di problemi burocratici. Apparentemente senza un motivo preciso la sera del 22 marzo dell'anno scorso avrebbe ferito l'uomo alla gola. Poi il bengalese si sarebbe dato alla fuga. Intercettato subito dopo da alcuni agenti di Polizia nella zona del parcheggio Appiani (il luogo dove era solito trovare riparo per la notte) nella breve colluttazione che ne sarebbe seguita avrebbe anche ferito un poliziotto che lo stava fermando.

«Sono disperato - avrebbe raccontato il 35enne - sono quasi 10 anni che aspetto lo status di rifugiato. Non era mia intenzione far del male né al proprietario dell'internet point né al volontario, ma volevo attirare l'attenzione sulla mia situazione». Una storia che trova riscontro nel racconto di alcuni volontari della stessa Caritas secondo i quali Sharif avrebbe ricevuto nel 2022 un foglio di via non avendo ricevuto la protezione internazionale che spetta ai rifugiati. Alla fine l'immigrato avrebbe acconsentito a lasciare l'Italia ma la sua ambasciata non gli aveva rilasciato il passaporto. E la sua famiglia in Bangladesh non voleva che lui tornasse. Così si era trovato prigioniero in un "terra di nessuno": dormiva dove capitava a per mangiare frequentava la mensa dei poveri. Nel corso dell'udienza è stato sentito anche un operatore del Suem 118 chiamato sulla scena del ferimento, il quale ha riferito che l'operatore ferito aveva soltanto una ferita di striscio al collo e per questa ragione aveva rifiutato il ricovero in ospedale.

Su Osain Mohamed Sharif era stata fatta una perizia psichiatrica da parte del consulente del giudice per le indagini preliminari che lo aveva trovato sano di mente pur avendo una condizione di forte stress emotiva. Il gup aveva respinto l'istanza per un secondo esame ammettendo il 35enne al rito abbreviato secco. Il legale aveva però rinunciato e l'uomo era così approdato al processo davanti al collegio in cui doveva difendersi anche da quella di porto illegale di arma, essendo stato trovato con un roncola in tasca.

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