Giorgione e Conegliano: un percorso di ricerca tra i documenti d'archivio
Giorgione e Conegliano: un binomio apparentemente inedito e insolito, giacché non si conservano né opere pittoriche, né la memoria di esse dipinte dal celeberrimo pittore nel borgo antico o nei dintorni. La scoperta di due documenti d’archivio ha tuttavia reso certo il legame familiare esistente tra il maestro Zorzi e la nostra città, già ipotizzato dal Chiuppani nel 1909. La madre Altadona, moglie del notaio Giovanni Barbarella, era infatti originaria di Conegliano. E non era certo la giovane di umili natali, forse con un figlio illegittimo, di cui si fantasticava nella letteratura giorgionesca: di notabili era infatti, e da almeno tre generazioni, anche la famiglia Da Campolongo di Conegliano da cui ella proveniva, il cui ramo maschile si estinse proprio con la generazione di Altadona e delle sue quattro sorelle.
Dati, questi, che conosciamo grazie a un altro documento di grande rilievo: il testamento del padre, il notaio Francesco Da Campolongo, rogato nel 1440, ricco di notizie e spunti per un diverso approccio alla figura di Giorgione. Primo fra tutti, il dato cronologico della nascita: la data del 1473, calcolata in base a una nota su un incunabolo della Divina Commedia conservato oggi a Sidney, ben si sposa con l’età matura di Altadona, già vivente nel 1440. Nella difficile cronologia delle opere giorgionesche, uno potenziale scostamento di cinque anni rispetto alle date tradizionali comporta una potenziale rivoluzione per la datazione e l’interpretazione di opere prive di data (tranne la Laura del 1506).
Dal lungo testamento di Francesco emergono anche altri elementi rilevanti. Di notevole interesse potrebbe rivelarsi il rapporto professionale di Francesco – e di altri Da Campolongo prima di lui – con i potenti conti di Collalto, la cui corte potrebbe essere stata frequentata dal giovane Zorzi. La costante vicinanza all’ordine religioso dei minori conventuali del monastero di San Francesco, ultima dimora di molti membri della casata, accomuna i Da Campolongo coi Barbarella da Castelfranco, anch’essi vicini ai francescani e impegnati nella fondazione del locale Monte di Pietà. Traspaiono inoltre indizi sul piano economico che lascerebbero supporre l’investimento da parte della famiglia nelle attività produttive più importanti dell’epoca, vale a dire la lavorazione e il commercio della lana e del vino.
Tornando al tema centrale dell’arte, è impossibile non chiedersi quale potesse essere il rapporto di Giorgione con un altro gigante della pittura rinascimentale veneta, Giambattista Cima da Conegliano. Diminuisce la distanza temporale che si supponeva esistesse tra i due, e allo stesso tempo si infittiscono le potenziali occasioni di incontro, anche al di fuori dell’ambiente veneziano e dei pochi anni che il maestro Zorzi fece in tempo a trascorrere nella dominante. A ben guardare, la memoria di un Giorgione attivo a Conegliano, forse a fianco del Cima e proprio nella chiesa del convento di San Francesco, sopravviveva ancora nel Settecento, testimoniata dalla nota in un manoscritto del Malvolti, che riporta la notizia di un quadro raffigurante due apostoli nel coro dell’edificio sacro. Sta ora all’impegno di ricercatori, siano essi storici dell’arte o appassionati di storia locale, portare alla luce altri documenti e notizie dagli scrigni della storia conservati nei nostri istituti culturali.