Meeting e conviviale. I lati oscuri dell'etilometro: una ricerca trevigiana ne svela le inaffidabilità
Molto spesso bastano i dati riportati dallo “scontrino”, la strisciolina di carta che esce dall'etilometro nel corso di un controllo su strada, per far decidere ad un giudice di condannare un automobilista per l'accusa di guida in stato di ebbrezza. Ma, con frequenza crescente, si susseguono anche casi di magistrati i quali ritengono troppo ambiguo il referto elettronico, specie se i valori rilevati superano di poco i limiti di legge. Tutto questo perché gli strumenti in dotazione alle forze di polizia hanno un peccato originale, mancano cioè di quella “certificazione di qualità” definita come omologazione, una procedura che deve essere prevista da un decreto ministeriale ad oggi ancora mai promulgato. Questo e diversi altri aspetti sono affrontati in una ricerca diventata libro, dal titolo “L’etilometro e i suoi lati oscuri. Tecnologia e legge al servizio dell’automobilista” (edito da Piazza Editore e disponibile dai primi giorni di settembre), firmata dall'avvocato trevigiano Fabio Capraro e dal perito Giorgio Marcon, e redatta grazie alla consulenza di un gruppo di studio composto da esperti di più discipline di varie città italiane composto oltre che dall’Avv. Fabio Capraro, dal Perito Giorgio Marcon e dalla Dott.ssa Valentina Checchin di Treviso anche dall’Avv. Paolo Maria Storani di Macerata, dall’Avv. Gian Paolo Babini e dall’Avv. Barbara Sedioli entrambi di Ravenna, dall’Avv. Fabio Bazzani di Modena, dall’Avv. Aldo Masserut di Pordenone e dal Perito Mauro Visani di Imola.
Un secondo tema di fragilità della strumentazione sta nel campione troppo ridotto di aria espirata che viene analizzato. La misurazione della quantità di alcol nel sangue, cioè, viene ottenuta per pura moltiplicazione della quota così rilevata. «E' come se volessimo ricavare la statura di una persona – aggiunge il Perito Giorgio Marcon – misurandolo non da capo a piedi ma la lunghezza dell'ombra che il suo corpo proietta al suolo, valutando la regolarità e la pendenza di questo e la posizione della fonte di luce, e pretendere alla fine di ottenere un dato altrettanto preciso. In ogni caso, attualmente ci affidiamo a delle apparecchiature che non sono per nulla sicure e ormai si contano su una mano i Paesi che nel mondo intero usufruiscono dell'etilometro come prova per uno stato di alterazione alcolica. Non è più possibile quindi continuare così, sarebbe molto meglio affidarsi, come già fanno gli Stati Uniti, al "riflessometro", strumento certamente più affidabile». Esiste infine un'ulteriore considerazione non banale. Se fosse riconosciuto che gli etilometri acquistati dall'amministrazione dello Stato (di fabbricazione soprattutto canadese e tedesca) sono inaffidabili, il danno erariale collegato ad una spesa smascherata come inutile non sarebbe affatto di poco conto.
Per la conviviale chiedere al Cerimoniere, Puppinato Antonio . cel. 348 4037001