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Monastier, no al pronto soccorso privato: «Potenziare la medicina del territorio»

Sabato 24 febbraio il flashmob promosso dal Coordinamento veneto per la sanità pubblica (Covesap) davanti alla casa di cura "Giovanni XXIII". L'appello dei manifestanti: I fondi vanno destinati alla sanità pubblica

Salviamo la sanità pubblica: questo il grido d'allarme portato, sabato 24 febbraio, davanti alla casa di cura "Giovanni XXIII" dagli organizzatori del flashmob contro il nuovo pronto soccorso privato a Monastier.

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La mobilitazione, promossa al Coordinamento veneto difesa della sanità pubblica e dal Coordinamento per il diritto alla sanità pubblica di Treviso, è iniziata alle 11.30 di mattina con una ventina di partecipanti davanti al parcheggio della casa di cura. "Finanziare il privato uccide la sanità pubblica"; "La sanità privata è solo profitto" e ancora "La sanità pubblica non è una merce". Questi alcuni degli slogan scritti sui cartelli indossati dai manifestanti durante il flashmob. Una protesta partita dopo l'annuncio del finanziamento regionale da 1,5 milioni di euro per il nuovo pronto soccorso convenzionato alla casa di cura di Monastier, pensato con l'idea di sgravare i grandi carichi di lavoro a cui è sottoposto il Ca' Foncello di Treviso. Di pronto soccorso convenzionati ne esistono però già cinque in Veneto, tra cui: Negrar, Porto Viro, Occhiobello, Abano Terme e Peschiera del Garda. «Se la Regione, con le tasse dei cittadini, finanzia come a Monastier la sanità privata invece di sostenere le strutture pubbliche già esistenti, queste avranno bisogno a loro volta di nuove risorse pubbliche per essere ripristinate così il cittadino paga due volte» spiegano i manifestanti.

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Al flashmob sono intervenuti il dottor Angelo Giacomazzi, che ha fornito ai presenti i dati ufficiali sugli accessi in pronto soccorso e sui fondi destinati dal Veneto alla sanità, e il professor Maurizio Manno, medico del lavoro universitario in pensione e tra i fondatori del Covesap: «I cittadini hanno bisogno dei pronto soccorso ma i finanziamenti della Regione devono andare alla sanità pubblica. Il problema, in particolare, non è ospedaliero ma di carenza nella medicina del territorio. Due casi su tre di tutti gli accessi al pronto soccorso in Italia sono codici bianchi e verdi (le patologie meno gravi). Se ci fosse una medicina territoriale con i medici di base, i pediatri di libera scelta e le case di comunità avremmo risolto di molto il problema dei pronto soccorso intasati». 

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