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Tragedie di Vidor e Castello di Godego: «Prendiamoci cura gli uni degli altri»

La riflessione del Vescovo di Treviso, Michele Tomasi: «Vicinanza alle famiglie affinché possano percepire di non essere sole. Il distanziamento non diventi isolamento»

«Di fronte a tali notizie, di fronte all’abisso profondo del cuore dell’uomo, resta solamente il silenzio dei commenti e delle considerazioni. Ma in questo silenzio sento di dover dire invece le parole della vicinanza a chi soffre, alle famiglie direttamente coinvolte e alle loro comunità, affinché possano percepire di non essere da sole a portare pesi indicibili. Possiamo fare poco, è vero, ma possiamo esserci e tentare, per quanto possibile, di portare i pesi gli uni degli altri, come da sempre la parola di Dio esorta a fare la comunità dei discepoli di Cristo».

Il Vescovo di Treviso, Michele Tomasi, ha voluto iniziare con queste parole la sua riflessione sulle due tragedie familiari che, domenica 21 febbraio, hanno scosso la provincia di Treviso e le comunità di Vidor e Castello di Godego: «In questo silenzio sgorgano le parole apparentemente fragili ma necessarie della preghiera, dell’affidamento al Signore della fatica e del dramma. La nostra supplica, la nostra invocazione. Chi non è più tra noi possa essere accolto in un abbraccio eterno di misericordia, chi rimane possa sentire consolazione e conforto, pur in questa prova estrema. Ma il silenzio delle parole non diventi mutismo o rassegnazione delle nostre comunità. Continuiamo a prenderci cura gli uni degli altri, affinché ci possa essere sempre qualcuno, non importa dove, non importa come, cui rivolgersi nella prova e insieme a cui affrontare le questioni della vita che talvolta rischiano di essere troppo grandi rispetto alle energie di un singolo. Insieme possiamo accoglierle e superarle. Soprattutto in questo tempo di distanziamento fisico e di grande fatica collettiva non perdiamoci d’animo, non chiudiamoci in noi stessi, cerchiamo ed offriamo legami comunitari, reti di solidarietà e di amicizia che possano raccogliere soprattutto chi tra noi fa più fatica a tenere il passo di un tempo esigente e complicato. Il distanziamento non diventi isolamento, la prudenza non prenda i contorni del sospetto e della paura. Continuiamo a credere nelle ragioni della vita, rendiamoci sempre più attivi nel prestare ascolto e a tendere la mano nell’aiuto, portiamo segni di speranza, anche piccoli ma luminosi, che forse riusciranno ad alleviare una fatica e a offrire prospettive di futuro. Continuiamo a credere che il domani ci riserva ancora cose buone, e rendiamoci disponibili a cambiare il passo della nostra società, affinché sia sempre più accogliente nei confronti dei più piccoli e dei più fragili. Impegniamoci tutti perché i bambini e le famiglie siano accolti, accompagnati, resi protagonisti nella vita delle nostre comunità». 

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