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Tentato omicidio a Fossalta Maggiore, la vittima: «So chi sono»

Hajdan Kukiqi, il 37enne operaio centrato da due proiettili sparati in un agguto avvenuto giovedì 7 marzo a Fossalta Maggiore, dice di sapere chi sono i responsabili di quello per la Procura di Treviso è un tentato omicidio. Alla base ci sarebbe una faida familiare

«So chi sono». Hajdin Kukiqi conoscerebbe l'identità dei due assalitori che nella mattinata di giovedì 7 marzo,a Fossalta Maggiore, gli hanno sparato contro due colpi di pistola e ha fatto i nomi agli investigatori. I proiettili lo hanno centrato ad una gamba e sull'addome, all'altezza del fianco.

Il 37enne operaio di origine kosovara (la moglie è una connazionale che ha anche acquisito la nazionalità italiana) avrebbe qualche cosa di più di un sospetto sugli autori dell'agguato che poteva ucciderlo: a tirare le fila ci sarebbe un altro kosovaro, con cui sarebbe anche imparentato, da cui è diviso da dissapori personali che durano da anni. E' in questo contesto che Kukiqi avrebbe maturato un piccolo precedente penale. «Ho sopportato per tanto tempo - avrebbe riferito agli investigatori - poi mi sono dovuto difendere». E il fascicolo a suo carico, risalente a diversi anni fa, sarebbe stato chiuso.

Hajdin (che come legale ha l'avvocato Ermira Zhuri) avrebbe raccontato di aver ricevuto in passato varie minacce, sia di persona che telefoniche, ma di non averle mai prese veramente sul serio. Ma l'acredine, che affonderebbe le radici in una non meglio specificata "questione personale", è sfociata giovedì in una imboscata che poteva costargli la vita. «Non ho visto in faccia chi mi ha sparato - avrebbe detto - avevano il viso coperto da un casco integrale. Ricordo solo i colpi di pistola e poi un dolore lancinante. Mi sono messo ad urlare, pensavo di essere morto».

Gli inquirenti sono ora sulle tracce di quell'uomo che lo avrebbe minacciato per anni. Si tratterebbe di un giovane e pericoloso pregiudicato kosovaro. «Uno che si crede un dio in terra e che non ha pace fino a quando non riesce a fare quello che si è messo in testa» avrebbe confidato Kukiqi, che ai carabinieri che lo hanno sentito ha categoricamente negato la pista del movente economico.

Gli investigatori starebbero passando al vaglio le immagini che sarebbero state riprese da alcune telecamere di video sorveglianza posizionate nei pressi di via Tabacchi, dove è avvenuto il tentato omicidio, nel tentativo di risalire al proprietario dello scooter Yamaha T-Max a bordo del quale si sono avvicinato all'operaio prima di aprire il fuoco con una pistola calibro 7,65. Di una cosa Hajdin è però sicuro: non si è trattato di un avvertimento, lo volevano uccidere o quantomeno ferire gravemente. «Abbiamo superato la fase delle minacce, ora "quelli" fanno sul serio» avrebbe commentato.

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