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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Castelfranco Veneto

Non ci furono violenza e maltrattamenti: barbiere assolto dai reati più gravi

L'uomo, un 40enne albanese ex titolare di un salone di taglio e piega in centro a Castelfranco, è stato condannato per la sole tentata violenza privata e per lo stalking nei confronti di una connazionale di 26anni. Era a processo per avere costretto la giovane donna ad andare a vivere con lui per paura di ritorsioni che avrebbero riguardato anche il figlio piccolo

Sarebbe stata costretta a lasciare il marito e andare a vivere con il suo presunto violentatore per paura che potesse fare del male a lei e al figlio piccolo, peraltro approfittando di un periodo in cui la donna sarebbe stata depressa. Poi, tre mesi dopo, quando lei sarebbe scappata dalla "prigionia", l'uomo l'avrebbe minacciata di morte, arrivando a fermare l'auto della malcapitata a Resana con un pistola giocatolo avvolta in un asciugamano e solo la pronta reazione della vittima, che ha suonato il clacson attirando i residenti e qualche passante, ha evitato il peggio. Ma le accuse di violenza sessuale e maltrattamenti non hanno retto al processo: così oggi, 19 luglio, un 40enne albanese come la presunta vittima (difeso dall'avvocato Sara Scattolin) ex proprietario di una salone di barbiere in centro a Castelfranco, accusato anche di tentata violenza privata e di stalking nei confronti di una 26enne, costituitasi come parte civile e difesa dall'avvocato Paola Miotti, è stato assolto dai due reati più gravi e condannato (con la condizionale) a 1 anno e otto mesi. Il 40enne è stato scarcerato e avrà il divieto di avvicinamento alla parte offesa e ai suoi familiari. Il pubblico ministero Francasca Torri aveva invece chiesto una condanna a 7 anni e 6 mesi.

Si conclude così un procedimento con il rito immediato su cui ad un certo punto si era innestato anche il "kanun",  il codice d'onore albanese che tra l'altro punisce la donna adultera che abbandona il marito per un altro uomo. La vicenda si sarebbe svolta tra l'agosto del 2021 e il settembre del 2022. Secondo la versione della donna, che ha anche testimoniato in aula, l'interesse morboso di lui sarebbe cominciato quando la presunta vittima avrebbe portato il figlio piccolo a tagliarsi i capelli presso il salone. Lì, come avrebbe riportato in denuncia, sarebbe avvenuto una prima violenza sessuale: le avrebbe dato una sostanza in un aperitivo offerto che l'avrebbe ridotta in stato di incoscienza e quindi avrebbe abusato di lei.

A parlare di "kanun" è stato il fratello dell'imputato, chiamato a deporre in una delle passate udienza. L'uomo ha riferito di una riunione a cui avrebbero partecipato tutte le persone di sesso maschile interessate alla vicenda: lui, il marito della donna, i cognati, l'imputato e i suoi genitori. «Un incontro - aveva detto - fatto proprio per chiudere in maniera pacifica questa brutta storia. Secondo il nostro codice d'onore la colpa, in questi casi, ricade interamente sulla donna. Abbiamo spiegato a mio fratello che quello che stava facendo era sbagliato, che doveva rimandare a casa lei e il figlio. Altrimenti sarebbe potuto entrare in scena il "kanun", con conseguenze davvero spiacevoli».

Ma per il pubblico ministero Francesca Torri le accuse all'uomo erano tutte circostanziate. La presunta vittima sarebbe stata costretta a lasciare il marito e andare a vivere con il suo violentatore per paura che potesse fare del male a lei e al figlio piccolo, peraltro approfittando di un periodo in cui la donna sarebbe stata depressa. Poi, tre mesi dopo, quando lei scappa dalla "prigionia", l'uomo l'avrebbe minacciata di morte, arrivando a fermare l'auto della malcapitata a Resana con un pistola giocatolo avvolta in un asciugamano e solo la pronta reazione della donna, che ha suonato il clacson attirando i residenti e qualche passante, ha evitato il peggio.

Sempre secondo la Procura i rapporti sessuali tra i due sarebbero sempre stati indesiderati. Il 40enne avrebbe anche detto alla donna di aver scattato alcune fotografie di lei nuda e di essere pronto a inviarle al coniuge; e così, frequentando la casa (la 26enne era residente in provincia di Padova), l'avrebbe sottoposta a continue violenze. Poi, nel giugno del 2022, avrebbe convinto la 26enne, minacciata di rendere pubbliche le immagini che la ritraevano in pose "erotiche", a lasciare il marito e andare a vivere con lui a Castelfranco insieme al figlio piccolo. La convivenza si sarebbe trasformata ben presto in un inferno dal momento che il parrucchiere l'avrebbe percossa più volte accusandola di mantenere i rapporti con l'ex, tanto che la donna, esasperata, un giorno si sarebbe procurata una profonda ferita con un coltello alla gamba.

L'occasione per uscire dall'incubo arriva tre mesi dopo, quando il 40enne si reca per un breve periodo all'estero. Lei scappa dalla “prigione” e si rifugia nuovamente dal marito. Quando il parrucchiere, che aveva rotto il braccialetto elettronico che gli era stato messo ai domiciliari, ritorna in Italia e non la trova più comincia la persecuzione, motivata con il fatto che sarebbe stata "roba sua" e culminata nell'episodio dell'aggressione avvenuta a Resana.


 

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