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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Pieve di Soligo

Accoltella al collo l'amico, il tribunale lo condanna a due anni e sei mesi

Riqualificato da tentato omicidio a lesioni personali aggravate il reato che, il 4 ottobre del 2022, era stato commesso da Marco Szabolcs Viezzer. Il giovane aveva inferto una ferita al coetaneo Adriano Zara a Pieve di Soligo

«I fendenti non erano in grado di uccidere». Forse è stato proprio sulla base della deposizione della dottoressa che, la sera del 4 ottobre del 2022, firmò il referto medico di Adriano Zara, il giovane di 19 anni accoltellato al collo, che Marco Szabolcs Viezzer, finito a processo per tentato omicidio, ha visto riqualificare il reato in lesioni personali aggravate ed è stato condannato a 2 anni e 6 mesi (con il beneficio della condizionale, avendo meno di 21 anni). Il risarcimento dei danni, pagato alla vittima, ha comportato che le attenuanti generiche fossero considerate equivalenti alle aggravanti. Il pubblico ministero Barbara Sabattini, che invece aveva insistito sulla volontà omicidiaria, aveva chiesto 13 anni.

Il fatto era avvenuto in borgo Stolfi a Pieve di Soligo. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, svoltosi due giorni dopo, Viezzer aveva dichiarato che l'accoltellamento era avvenuto per sbaglio. «Quella sera - aveva raccontato nel corso di dichiarazioni spontanee - io e il mio amico stavamo scappando dai miei genitori, che volevano rientrassi a casa e nella concitazione della fuga l'ho colpito, complice l'effetto dell'alcol che avevamo bevuto insieme». Una versione che però stride non soltanto con la telefonata che quella sera Marco ha fatto ai carabinieri - secondo cui avrebbe detto, in maniera poco lucida, di aver ucciso due persone e di essere pronto a rifarlo - ma soprattutto con il racconto che di quei momenti aveva fatto Adriano Zara nel corso della sua deposizione.

«Avevamo trascorso il pomeriggio insieme - aveva spiegato alla corte il 19enne- e poi alla sera ci siamo ritrovati per bere qualcosa. Eravamo entrambi un po' su di giri in quanto c'era stata una telefonata con il ragazzo della sorella di Viezzer, che sembrava l'avesse maltrattata. Intorno alle 11,30 siamo usciti dal locale e lui ha visto il padre e la madre in piazza; dal momento che non voleva farsi trovare, gli ho suggerito una sorta di "scappatoia" dietro a delle recinzioni. Poco dopo ha detto che voleva fermarsi ed è andato fare i suoi bisogni mentre io ho mandato un messaggio a mio cugino, dicendogli che la situazione che si era creata non mi piaceva e sarei andato a casa. E' a quel punto che sono stato colpito. I ricordi di quegli attimi non sono lucidi ma sono sicuro che Marco, dopo essersi allontanato, è tornato sui suoi passi e mi ha guardato dritto negli occhi. Sono convinto che lo ha fatto per vedere se ero ancora vivo».

Il ragazzo aveva raccontato di essersi mosso dal punto dell'aggressione e di avere incontrato anche il padre di Vizzier, che lo aveva affrontato con parole dure. «Dimmi dove è mio figlio o ti denuncio» avrebbe detto il papà dell'imputato. «Negli anni - spiega ancora Adriano - i genitori di Marco non hanno mai visto di buon occhio la nostra amicizia. Ma io non ho ancora capito perché sono stato accoltellato». I test tossicologici, condotti su entrambi i giovani, diranno che erano tutti e due abbondantemente ubriachi. «L'alcol - spiega il difensore di Viezzer, l'avvocato Marco Furlan - ha avuto un effetto nefasto sul mio assistito, che era peraltro già alle prese con problemi psicologici».

L'assalitore ha alle spalle in un passato turbolento e qualche guaio con la giustizia (come del resto l'amico che ha ferito), fatto anche di incomprensioni con la famiglia - che lo ha adottato da piccolo - e persino di aggressioni ai danni del padre, a cui una volta avrebbe rubato la carta di credito. E' stato anche in una comunità per persone con problemi di tossicodipendenza e, soprattutto, ha un figlio piccolo, avuto nel corso di una relazione (che sarebbe terminata) con una ragazza coetanea.

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