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Cronaca Pieve di Soligo

Muore stritolata da una imballatrice, tra le nuove ipotesi ci sarebbe anche quella di un errore umano

Il 14 novembre Anila Grishaj, una 26enne caporeparto della Bocon di Pieve di Soligo, ha perso la vita schiacciata da un braccio meccanico. Le indagini starebbero seguendo due piste: un malfunzionamento del sistema di sicurezza oppure il fatto che la giovane, dando l'ordine di riaccensione del macchinario che era andato in blocco, sarebbe rimasta troppo vicina al meccanismo che ne ha determinato il decesso

Due sono le possibili ipotesi sull'incidente accaduto il 14 novembre alla Bocon di Pieve di Soligo e costato la vita alla 26enne operaia Anila Grishaj: la prima sarebbe quella di un malfunzionamento del sistema di sicurezza, che ad esempio avrebbe dovuto avvisare della presenza di una persona nei pressi del braccio meccanico che ha finito con lo schiacciare le vertebre del collo e la testa della sfortunata operaia. La seconda sarebbe invece relativa ad un terribile errore umano: in questo secondo scenario Anila avrebbe dato il comando per la ripartenza ma sarebbe rimasta troppo vicina al dispositivo che, alla riaccensione, l'avrebbe presa in pieno.

E' per questo che, dallo scorso 6 dicembre, sono al lavoro il perito del sostituto procuratore Massimo De Bortoli e i due consulenti di parte (uno per l'azienda e l'altro per l'operaio che risulta indagato) che stanno analizzando nei minimi dettagli il macchinario che ha causato la morte della giovane capo reparto dell'azienda azienda specializzata nella commercializzazione di surgelati.

La macchina, che era stata recentemente acquistata dalla Bocon (è costata 1 milione e 400 mila euro) è stata posta sotto sequestro fino al termine delle operazioni peritali. Per il decesso di Anila, che viveva in un frazione del comune di Miane con i genitori, una sorella e un fratello, sono indagati per omicidio colposo il collega che avrebbe attivato l'imballatrice (difeso dall'avvocato Vincenzo Arcidiacono) e - per ora soltanto a sua garanzia - l'amministratore delegato dell'azienda, che si è invece affidato all'avvocato Luigi Fadalti.

Secondo le indagini della Procura (che si avvale anche delle riprese fatte dalle telecamere di video sorveglianza che hanno ripreso la scena dell'incidente) nel primo pomeriggio del 14 novembre la macchina che ha ucciso la 26enne sarebbe andata in blocco. Ad avvisare chi vi stava lavorando, e cioè il collega della Grishaj che avrebbe premuto il tasto di riaccensione, era anche scattato un allarme sonoro accompagnato dall'accensione di alcuni lampeggianti. L'uomo avrebbe quindi avvisato Anila, che era il suo responsabile: la ragazza sarebbe entrata nel macchinario e si sarebbe adoperata per risolvere il problema che aveva causato il blocco. La procedura sarebbe durata circa una mezz'ora e poi la 26enne avrebbe detto al collega di far ripartire la macchina.

Da questo momento in poi succede qualche cosa a cui solo i filmati in possesso del magistrato possono dare un risposta. «Da parte nostra - spiega l'avvocato Arcidiacono - vogliamo sapere se questo macchinario fosse stato concepito in maniera tale da presentare tutti i presidi di sicurezza che dovrebbero tutelare gli operatori nel caso di un blocco che avesse costretto un operaio a intervenire all'interno dell'imballatrice».

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