E' mancato Bruno Benendo lo storico "foggiatore" della Pagnossin
Mentre gli ex della storica ceramica trevigiana Pagnossin stanno per ritrovarsi per l'ormai tradizionale “Ancora una volta insieme”, momento conviviale nato dopo la mostra sulla storia dell'azienda dell'Angelo tenutasi nel 2014 a Quinto di Treviso nelle splendide sale di Villa Memo-Giordani-Valeri , devono purtroppo salutare una delle loro “testate d'angolo” che contribuirono a far conoscere la fabbrica di terraglie , ubicata al civico 94 della Noalese, in tutto il mondo. Bruno Benendo, classe 1936, è infatti mancato qualche settimana fa . Entrò in azienda subito dopo il secondo conflitto mondiale quando ai cancelli di quella che ancora era una fornace, col grande forno Hoffmann a più camere che andava giorno e notte, si presentavano quotidianamente individui d'ogni età, anche minorenni accompagnati da un genitore, per chiedere un posto di lavoro. Diverrà il responsabile del reparto foggiatura, settore cardine del ciclo di lavorazione che da un impasto d'argilla e caolino porta a quella “terraglia forte” che accoglie quotidianamente le pietanze sulle nostre tavole. Tra le montagne di terra e le polveri biancastre che si sollevavano dai macchinari, a malapena filtrate dai potenti ventilatori a soffitto, conobbe Clara con cui condivise la sua vita. Formò decine di neo-assunti scoprendone e valorizzandone i talenti anche a costo di vederli migrare in altri reparti come quello della decorazione, perchè a quei tempi il fine supremo era il bene dell'azienda che, sembra un'eresia al giorno d'oggi, doveva coincidere col bene dell'operaio. Non a caso era inesistente la cosiddetta “risorsa umana”, concetto davvero aberrante riferito ad un essere umano, e l'odierno “responsabile risorse umane” era semplicemente il capo del personale a cui rivolgersi al bisogno. Fu con questa filosofia che l'Italia divenne la 5* potenza industriale del pianeta. Nel 1978 fu in Libia ad istruire i neo assunti nella fabbrica che Pagnossin impiantò nel sito industriale di Garian, nella regione della Tripolitania, assieme ad una squadra dei migliori e più fidati tecnici dell'azienda trevigiana. Di quell'esperienza ricorderà, scherzandoci su, il caldo terribile – erano in pieno deserto -, la sabbia che il vento faceva turbinare nelle stanze da letto, infilandosi tra le lenzuola, la biancheria di ricambio, anche se chiusa in valigia e le suppellettili per l'igiene personale. -L'unica cosa buona, per fortuna, era la cucina perchè avevamo un cuoco italiano che sapeva il suo mestiere! - e rideva di gusto. Un pezzo di storia della grande epopea industriale trevigiana che ci ha lasciato per sempre e vivrà ora solo nel ricordo di quanti lo conobbero e ne condivisero un pezzo della sua vita.