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Blog Monastier di Treviso / Via Monastero, 5

L’abbazia dei fantasmi di Monastier

Una leggenda che in pochi conoscono, ma che ancora oggi è molto viva e suggestiva...

La Marca trevigiana, racchiude nella suo territorio luoghi misteriosi, dove verità e leggenda rendono ancora più affascinante la loro esistenza. Uno dei miti che vi porponiamo è quello che narra della presenza di fantasmi in un’abbazia di monaci benedettini del X secolo, quella di Santa Maria del Pero di Monastier, fondata dall’imperatore tedesco Ottone I che, qualche anno più tardi, sarebbe diventato imperatore del Sacro Romano Impero. Dipendente dal Patriarcato di Aquileia, l'abbazia controllava tutti i territori tra i fiumi Piave  e Vallio, fino alla Laguna Veneta. Il monastero, arricchito da donazioni e dotato di venti magazzini, fu coinvolto in conflitti di giurisdizione con il clero di Treviso ed Ezzelino da Romano. Nel 1200 il complesso mutò il titolo di San Pietro con quello di Maria Assunta. Nel 1300 il monastero si stacca dal Patriarcato di Aquileia e si lega alla diocesi di Treviso.Nel Quattrocento i monaci erano per lo più appartenenti alla nobiltà veneta e ne sostenevano gli interessi. Tra il 1449 e il 1479 il monastero fu trasformato in commenda e gli edifici andarono in disuso, per poi risorgere quando passò alla congregazione Benedettina Cassinese di Santa Giustina di Padova, affidato all'abate di San Giorgio Maggiore di Venezia. Nel 1489 la chiesa, paragonata per grandezza e bellezza al duomo di Treviso, fu restaurata e ingrandita con l'elevazione delle navate laterali permettendo così la creazione di un secondo piano di chiostro illuminato da bifore. Interventi e migliorie continuarono negli anni a seguire. Del 1604 gli affreschi del refettorio riportanti brani di vita benedettina. Vi si trovano raffigurati un paio di miracoli di San Benedetto e le Abbazie di: Montecassino, Praglia (PD) e Santa Giustina con Prato della Valle. Ed ancora nel 1621 un ulteriore abbellimento del complesso con la costruzione del portale marmoreo della chiesa e della sacrestia. Nel 1622 l'abate Cornelio Giroldi, detto Morendelio, ingrandì il chiostro mediano, che fu abbellito da pregevoli bassorilievi e affreschi. Nel 1710 si provvide alla costruzione della canonica e del Pozzo alla Veneziana nel chiostro romanico.

L'Abbazia continuò la sua attività sino alle soppressioni napoleoniche del 1797 conseguenti alla caduta della Serenissima. Incamerato dal Regio Demanio, l'edificio fu abbandonato e spogliato degli archivi e degli arredi, in particolare una pregevole tela del Carpaccio con San Giorgio che uccide il drago, che fu portata nel Monastero di San Giorgio Maggiore a Venezia. Solo la chiesa rimase in funzione.Nel 1837, durante il dominio austriaco, il monastero e gran parte dei beni furono venduti alla famiglia Ninni, originaria della Grecia, la quale tuttora vi dimora. Il comune passò, con tutto il Veneto, al neonato Regno d'Italia. Alla fine dell'Ottocento la crisi dei prezzi, l'imposizione fiscale e il frazionamento fondiario determinarono una pesante crisi del mondo rurale. Di questo periodo sono da ricordare la costruzione accanto alla Chiesa della Sala della dottrina cristiana, (1907) la fondazione della Cassa rurale (1908), delle scuole e l'arrivo della corrente elettrica (1912).

La prima guerra mondiale colpì duramente il paese per la vicinanza al fronte del Piave. Il monastero divenne ospedale militare; un duro bombardamento austriaco distrusse quasi totalmente la chiesa di Monastier e l'attigua Sala della dottrina sociale, ribattezzata Casa del soldato. Il campanile fu risparmiato dagli austriaci solo perché era utile come riferimento per aggiustare il tiro delle batterie. La località è descritta anche da Ernest Hemingway nei suoi racconti, che allora gestiva l'ospedale della Croce Rossa Americana allestito a Casa Botter. Nel 1923-27 la chiesa arcipretale viene ricostruita in stile neoromanico in località Fornaci, determinando lo spostamento del baricentro del paese in tale località. Le spese furono ingenti, tanto che nel 1934 la Banca d'Italia fece commissariare la Cassa rurale di Monastier, eccessivamente indebitata dai prestiti. La seconda guerra mondiale vide Monastier coinvolta nella resistenza partigiana contro i tedeschi e i fascisti: nel 1944, ad esempio, fu incendiato il municipio. Nel 1947 il parroco di Monastier, mons. Albino Schileo, riottiene per la chiesa la dignità abbaziale.[5] Negli anni cinquanta vi fu una rilevante emigrazione della popolazione verso il Piemonte, la Lombardia ed i Paesi esteri. Dopo l'uragano del 1965 e l'alluvione del 1966 Monastier è riuscita a reagire, divenendo una delle aree economiche più dinamiche e sviluppate della Marca e in essa ha sede la Banca di Monastier e del Sile.tualmente l'Abbazia è suddivisa in più proprietà. Nelle pareti del cortile centrale sono state recentemente restaurate le antiche meridiane solari con le ore "italiche". Vengono tuttora utilizzate le antiche cantine per la produzione del vino da parte dell'azienda agricola fratelli Bozzoli. La porzione più antica denominata "Chiostro Romanico", recentemente acquistata dalla famiglia Porcellato - Zorzi è interessata da un intervento di recupero. Sono stati ripuliti gli spazi da superfetazioni che nulla avevano a che vedere con gli usi originari. È stato recuperato il "Frutteto Antico" con il reinserimento di specie antiche rintracciate nel territorio circostante. Gli spazi sono stati cintati con siepi di acero campestre "a Gelosia". Negli spazi del Chiostro Romanico, del refettorio e della tinaia, si svolgono eventi culturali quali incontri, spettacoli, mostre in collaborazione con Enti ed Associazioni.

All’interno del chiostro romanico fiorivano le rose e le ortensie, l’erbolarius offriva una varietà di erbe officinali al monaco speziale mentre la vigna dava frutta e ortaggi per le conserve. Di tutta questa vita, scandita dalla preghiera e da piccoli gesti operosi, non resta che uno scenario semi abbandonato. Passando nei pressi di quell'abazia al crepuscolo, si ha ancora l’impressione di udire bisbigliare liturgico. Un’impressione che  lasciamo sperimentare ai più audaci.

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