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Braccianti schiavizzati nei campi, arrestati due sfruttatori

Indagine dei militari del nucleo carabinieri Ispettorato del Lavoro di Treviso con la collaborazione dei colleghi del NIL di Udine. I lavoratori, con una paga di poche centinaia di euro al mese, erano costretti a pagare l'alloggio in cui riposavano dopo i massacranti turni di lavoro

Avrebbero sfruttato decine di connazionali, costringedoli a massacranti turni di lavoro sui terreni agricoli di aziende di Treviso, Pordenone e Udine. Il gip del tribunale di Treviso ha firmato due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore pakistano e il suo braccio destro, anche lui originario del Paese asiatico. Entrambi devono rispondere di intermediazione e sfruttamento del lavoro aggravato in concorso. A condurre l'indagine che ha portato agli arresti, eseguiti ieri, lunedì 11 maggio, sono stati nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Treviso con la collaborazione dei colleghi del Nil di Udine.

L'inchiesta sul lavoro in agricoltura, coordinata dal pubblico ministero Anna Andreatta, avviata e condotta tra i mesi di ottobre 2020 e febbraio 2021,  ha messo nel mirino un'impresa operante nel settore agricolo, con sede legale a Cessalto, che reclutava cittadini pachistani da impiegare come manodopera per lavorare presso aziende del territorio, in evidente regime di sfruttamento.

Gli accertamenti condotti dai carabinieri, attraverso servizi di osservazione controllo e pedinamento, oltre che controlli ispettivi e acquisizione di informazioni attraverso le testimonianze rese da numerosi lavoratori, hanno permesso di far emergere il comportamento dei due indagati: il titolare dell’azienda fornitrice di manodopera, cittadino pachistano,che si occupava dell’impiego dei lavoratori presso le aziende agricole mentre uno stretto collaboratore, suo concittadino, reclutava e trasportava i lavoratori pressoi luoghi dove gli stessi venivano sfruttati.

I due "caporali" pakistani, approfittando dello stato di bisogno e della situazione di vulnerabilità dei lavoratori, versavano loro una retribuzione palesemente inferiore a quella contemplata dai contratti collettivi regionali e nazionali,con lacorresponsione di un compensoorario equivalente a meno della metà di quelloprevisto dalla norma. Le indagini hanno permesso di far emergere, inoltre, come i due indagati imponessero mensilmente ai lavoratori sfruttati il pagamento di 100 euro per un posto letto all’interno di dimore in pessimo stato e 50 euro per un pranzo esiguo, per poi impiegarli in lavori agricoli senza fornire loro i previsti dispositivi di protezione in spregio alle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e, quindi, non garantendoloro nemmeno alcuna forma di prevenzione alla diffusione della pandemia da covid-19.

I lavoratori sfruttati, alloggiati con sistemazioni precari e prive di riscaldamento con presenza di muffe, finestre ed infissi danneggiati e con la disponibilità di servizi igienici del tutto inadeguati, venivano svegliati alle prime luci dell’alba e accompagnati nelle aziende agricole dove prestavano la propria opera, sotto stretta sorveglianza, fino a tarda sera. Il collaudato modus operandi con cui agivano gli indagati, venuto alla luce a seguito delle indagini svolte dai carabinieri della Tutela del Lavoro, consentiva loro di proporsi sul mercato agricolo ad un prezzo decisamente vantaggioso per le ditte committenti, che beneficiavano del reclutamento e l’impiego di manodopera irregolare, soprattutto in quelle attività particolarmente usuranti e faticose come la raccolta di prodotti agricoli e la potatura delle vigne che, per la peculiare natura dell’attività, meglio si prestano al fenomeno dello sfruttamento. Il minor prezzo offerto sul mercato veniva assicurato anche grazie alle mancate corresponsioni contributive previdenziali che venivano riconosciute solo ad una minima parte dei lavoratori impiegati.

L'udienza di covalida dell'arresto davanti al giudice per le indagini preliminari di Treviso ci sarà nella mattinata di venerdì

La condanna di Coldiretti

Coldiretti Veneto condanna i gravi episodi di sfruttamento di manodopera in campagna: “La legalità e il rispetto delle regole e della dignità umana vengono prima di tutto”. Plauso alle forze dell’ordine e in questo caso ai Carabinieri del Gruppo Tutela del Lavoro di Venezia che con  il supporto dei militari di Treviso hanno portato alla luce un altro caso di caporalato che coinvolge il territorio regionale. “Non c’è posto per chi si pone fuori dalle regole e dalla legge – spiega Coldiretti Veneto – neppure per chi  non tutela i lavoratori e né il lavoro”. Proprio in Veneto è stata siglata una intesa sulla legalità tra Regione e parti sociali – aggiunge Coldiretti Veneto - si tratta di uno strumento che prevede controlli e promuove la cultura della trasparenza. I controlli delle autorità - continua Coldiretti Veneto - evidenziano ancora sacche oscure dove il malaffare si insinua. Nonostante il grande impegno di contrasto le situazioni si ripetono e ciò va contro lo stile di vita ispirato al ‘Made in Italy’.  In attuazione del Protocollo – ricorda Coldiretti Veneto -  è stato costituito a marzo 2021, il Comitato Tecnico regionale composto dai rappresentanti dei datori di lavoro, dei sindacati delle istituzioni e degli organi di vigilanza che avrà il compito di monitorare l’attuazione di iniziative  volte inibire il caporalato. Coldiretti Veneto sottolinea l’impegno dell’associazione costante che ha portato alla costituzione dell’Osservatorio contro la criminalità nell’agroalimentare presieduto dall’ex Procuratore Giancarlo Caselli, avvenuta nel 2014.

Andrea Meneghel, segretario generale della Fai Cisl Belluno Treviso: «Bene che anche nel nostro territorio vengano smascherate queste situazioni di pesante sfruttamento dei lavoratori, che esistono e sono sempre più frequenti. Auspichiamo che il lavoro sinergico fra Ispettorato del lavoro e forze dell’ordine porti a ridurre questo fenomeno purtroppo presente anche nelle campagne trevigiane e che viene con difficoltà denunciato dagli stessi lavoratori che sono sotto ricatto e sfruttati. Noi come sindacato continueremo a monitorare e a denunciare».

La Regione Veneto

“Ringrazio i carabinieri del Gruppo Tutela del lavoro di Venezia, i militari di Treviso e gli organi inquirenti per il paziente e lungo lavoro che ha portato alla scoperta di un'impresa agricola con sede legale a Cessalto, in provincia di Treviso, che reclutava e sfruttava cittadini pakistani presso alcune aziende del territorio. È la prova che in Veneto i controlli ci sono e funzionano: il caporalato rappresenta una piaga presente anche nelle nostre campagne su cui continueremo a vigilare”. Questo il commento dell’assessore regionale all’agricoltura del Veneto Federico Caner alla notizia sull’operazione contro il caporalato effettuata questa mattina dagli uomini dell’Arma nella campagna trevigiana.

“Per evitare il ripetersi di situazioni come questa – dichiara ancora Caner - è necessario che l'attenzione sia massima da parte di tutti e in modo particolare da chi opera nel mondo agricolo. Queste attività rischiano infatti di penalizzare il lavoro dei nostri imprenditori che lavorano nel rispetto delle regole e rispettando i diritti dei lavoratori”. Per prevenire e combattere fenomeni di questo tipo la Regione Veneto nel maggio 2019 si è fatta promotrice, prima in Italia, di un protocollo d'intesa tra i propri referati al Lavoro, alla Sanità e all'Agricoltura con l’Ispettorato interregionale del lavoro, Inps, Inail, Anpal, sindacati, associazioni datoriali e rappresentanze delle cooperative del mondo agricolo, per condividere le banche dati e a fare squadra per prevenire e contrastare fenomeni di sfruttamento lavorativo e pratiche illegali nei lavori agricoli. “Un patto che rilanceremo per garantire il lavoro di tutta la filiera agricola. Dal campo allo scaffale del supermercato al consumatore finale, dobbiamo garantire anche il valore etico del prodotto: tanto di chi produce, quanto di chi acquista” conclude Caner.

“Il contrasto ai fenomeni di grave sfruttamento degli esseri umani e al caporalato rappresenta un obiettivo regionale – commenta l’Assessore regionale alla sanità e al sociale Manuela Lanzarin – da anni sosteniamo il progetto N.A.Ve - Network Antitratta del Veneto; grazie a tale sinergia sono state promosse in tutto il territorio regionale azioni di contatto, emersione e presa in carico delle persone vittime di grave sfruttamento sia in ambito sessuale che lavorativo. L'esperienza mostra chiaramente che l'agricoltura è uno dei settori economici maggiormente esposti al fenomeno di sfruttamento; le azioni di sostegno e inclusione sociale a favore delle vittime, rappresentano una concreta opportunità di fuoriuscita dai circuiti illegali, una possibilità di riscatto per le vittime, infine un grazie alle forze dell'ordine per il lavoro portato avanti ogni giorno.”

“Mi unisco ai colleghi – commenta l’Assessore regionale al lavoro Elena Donazzan - nel ringraziare le forze dell’ordine che hanno portato a termine un’operazione che risponde in pieno agli obiettivi di tutela dei lavoratori e di prevenzione dei fenomeni di sfruttamento per i quali da molti anni la Regione, attraverso l’Assessorato al lavoro, è fortemente impegnata. Ricordo che il Protocollo sottoscritto nel 2019 era stato preceduto dall’istituzione di uno specifico tavolo regionale nel luglio 2018 per favorire l’incontro legale tra domanda e offerta di lavoro nel settore primario. Un sistema che sostiene e favorisce la legalità, contrastando di fatto caporalato, lavoro nero e sfruttamento lavorativo in un settore essenziale in Veneto che è quello dell’agricoltura”.

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