Al Teatro Comunale Pasolini rivive in "Pa'"
Dopo una tournée sui grandi palcoscenici italiani, torna in Veneto lo spettacolo intitolato a uno tra i maggiori intellettuali del Novecento, Pier Paolo Pasolini: dal 1° al 4 febbraio arriva al Teatro Mario Del Monaco di Treviso, Pa’ una produzione del Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale scritta a quattro mani da Marco Tullio Giordana, che ne cura anche la regia, e Luigi Lo Cascio, interprete in scena. Un omaggio al grande poeta, letterato e regista italiano.
Sul palco, trasformato in un prato erboso dalla scenografia di Giovanni Carluccio, Luigi Lo Cascio dà nuova vita alle parole di Pasolini, una selezione attenta e accurata di versi tratti dall’immensa opera dell’autore. Come un cesello nelle mani di Marco Tullio Giordana – che oltre alla regia ha curato, insieme a Lo Cascio, anche la drammaturgia– per uno spettacolo-omaggio che non ha l’ambizione di esaurire tutta la produzione poetica di Pasolini, ma di esaltarne alcuni frammenti. E di raccontare tratti che riguardano in particolar modo la vita personale dell’artista intellettuale, le vicende familiari, l’adolescenza in Friuli, il travolgente affermarsi come figura indispensabile della cultura italiana. E ancora l’amore per la madre, la nostalgia per il fratello Guido, partigiano ucciso da altri partigiani, devastante e ricorrente ossessione di molte poesie. Così come il legame fortissimo col mondo dei derelitti, quei “ragazzi di vita” che Pasolini non smise mai di frequentare e dai quali si sentì tradito. Gli stessi che lo chiamavano con l’affettuoso vocativo Pa’, titolo dello spettacolo.
I costumi dello spettacolo sono di Francesca Livia Sartori, mentre le musiche sono state scritte e realizzate da Andrea Rocca.
Note di regia
di Marco Tullio Giordana
Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario, quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura. Si tratta di una cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire tutto né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o chiedergli la comparsata in un film.
Io sono stato uno di quei ragazzi, un contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse considerato un maestro irraggiungibile. Insieme a lui ce n’erano altri – solo in Italia vengono in mente Sciascia, Calvino, Bobbio, Moravia, Eco e tante altre leggendarie figure – ma Pasolini era di gran lunga il preferito. Non tanto per l’assidua vigilanza sui temi del giorno, quanto per la passione e l’imprevedibilità nel trattarli. Senza contare il Cinema, senza contare la Poesia, dove ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli, ma come se tutto fosse stato risolto in una Forma e apparisse perciò meno doloroso, meno disperato di quanto trapelava negli articoli o nella prosa militante. Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente dotato, amatissimo e indisponente. Dopo il suo assassinio non mi sono mai chiesto cosa restasse di lui, mentre me lo chiedevo sempre per i suoi detrattori. La perdita di una formidabile e autorevolissima figura pubblica era sotto i nostri occhi, pazienza per quelli che non l’hanno capito al volo. Per molti fu necessario aspettare l’avverarsi delle “profezie”, il giungere puntuale di ciò che aveva visto da lontano. Ma Pasolini non voleva essere profeta: il suo era un grido di battaglia che bisognava raccogliere per fronteggiare il declino anziché trattarlo come un visionario jettatore. Più che la desolata rappresentazione dell’Italia che non c’è più, mi colpisce oggi quanto fosse per lui necessario consumarsi e mettersi a repentaglio, addirittura fisicamente, per poter decifrare e descrivere il suo Paese. Qualcosa che non riguarda solo l’intelligenza ma il corpo, la carne, il sangue. Questo spettacolo cerca di dar conto proprio di questa disperata attualità, senza preoccuparsi troppo di apparire parziale o arbitrario. D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro. Anzi il “suo”, perché non c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera tanto che potremmo definirlo un’autobiografia in versi.
Teatro Del Monaco | Treviso
01>04 febbraio
Gio 01 feb ore 20.30
Ven 02 feb ore 20.30
Sab 03 feb ore 20.30
Dom 04 feb ore 16.00
Pà
Drammaturgia Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio
da testi di Pier Paolo Pasolini
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regia Marco Tullio Giordana
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con Luigi Lo Cascio
e la partecipazione di Sebastien Halnaut
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scene e disegno luci Giovanni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
musiche Andrea Rocca
aiuto regia Luca Bargagna
foto e video Serena Pea
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produzione TSV – Teatro Nazionale
si ringraziano gli eredi di Pier Paolo Pasolini Maria Grazia Chiarcossi e Matteo Cerami, la casa di moda Missoni e Maurizio Donadoni