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Superbonus 110%, crediti fittizi per 24 milioni: Guardia di Finanza scopre maxi-frode

Al centro dell'indagine Casa Zero di Nervesa della Battaglia, un consorzio nato nel periodo più acuto della pandemia: nel primo anno di attività aveva fatto incetta di commesse, stipulando quasi 500 contratti. Si era impegnato a realizzare, senza alcun onere in capo al committente, interventi su immobili situati principalmente in Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia

C'è il consorzio "Casa Zero" di Nervesa della Battaglia al centro di un'indagine della Guardia di Finanza di Treviso che hanno portato alla luce una presunta frode riguardante il Superbonus 110%: nata nel periodo più acuto della pandemia del Covid-19, questa realtà avrebbe stipulato oltre 500 contratti per lavori mai avviati, incassando crediti per 24 milioni di euro. Nel registro degli indagati figurano attualmente il rappresentante legale del consorzio, un 47enne milanese, il presidente e amministratore dello stesso, un trevigiano di 38 anni ed un ingegnere trevigiano di 55 anni. Devono tutti rispondere di truffa aggravata ai danni dello Stato. Alla luce degli accertamenti svolti dalle fiamme gialle il Gip del Tribunale di Treviso ha provveduto a firmare un decreto di sequestro di crediti d’imposta per circa 7 milioni di euro, nonché disponibilità finanziarie e immobili per circa 1,2 milioni di euro.

Il Superbonus

L’indagine della Guardia di Finanza di Treviso interessa i crediti relativi al “Superbonus 110%”, agevolazione fiscale disciplinata dal Decreto Rilancio, che consente al committente dei lavori una detrazione pari al 110% delle spese sostenute per la realizzazione di specifici interventi, finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Il committente, in alternativa alla detrazione, può optare per un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori dei beni o servizi (lo sconto in fattura) o cedere a terzi il credito corrispondente alla detrazione spettante.

L'indagine della Guardia di Finanza di Treviso

Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Treviso, valorizzando le informazioni presenti nelle banche dati e avvalendosi della collaborazione dell’Agenzia delle Entrate, ha approfondito la posizione del consorzio "Casa Zero" con sede a Nervesa della Battaglia, all'interno del parco tecnologico Archimede, realtà che ha avuto una vera e propria esplosione di fatturato e numero di dipendenti tra il 2020 e il 2021. Le indagini hanno permesso di acquisire ndizi sulla natura fittizia di crediti correlati al Superbonus 110% per oltre 24 milioni di euro, monetizzati dal consorzio attraverso istituti di credito e intermediari finanziari. Il consorzio, che nel primo anno di attività aveva fatto incetta di commesse, stipulando quasi 500 contratti, si era impegnato a realizzare, senza alcun onere in capo al committente, interventi su immobili situati principalmente in Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. I clienti venivano procacciati attraverso una rete di promoter e con inserzioni sui social, soprrattutto su Facebook.

La figura chiave dell'ingegnere

Grazie alla compiacenza di un ingegnere, il 55enne appunto, con funzione di attestatore, il consorzio ha potuto trasmettere all’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) documentazione che certificava falsamente l’avvenuta esecuzione di lavori oggetto dell’agevolazione. I riscontri dei finanzieri, invece, hanno fatto emergere che, per circa 230 contratti, nulla è stato concretamente realizzato. Dei lavori edili oggetto di agevolazione, infatti, a distanza di mesi dalla stipula del contratto, contrariamente a quanto riportato negli stati avanzamento lavori, non è stata rinvenuta alcuna traccia.

I clienti raggirati e i sequestri

Alcuni committenti, dopo aver receduto dal contratto a causa del mancato rispetto dei termini stabiliti, hanno scoperto di aver maturato e ceduto al consorzio, “a loro insaputa”, i crediti correlati ai lavori edili mai avviati. Il sequestro disposto dall’Autorità Giudiziaria trevigiana ha dunque colpito beni mobili e immobili per un totale di 8,2 milioni di euro: si tratta, in particolare, di crediti d’imposta ancora presenti nei cassetti fiscali, di disponibilità finanziarie e di un immobile, tutti riconducibili al consorzio e ai tre responsabili della frode, indagati dalla Procura della Repubblica di Treviso per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.

«La difesa ritene assolutamente non configurabili ipotesi di reato nel caso di specie - spiega il legale dell'azienda, l'avvocato Simone Guglielmin - Casa Zero è azienda seria e affidabile che fornisce lavoro a quasi 200 dipendenti e che garantisce alti standard di professionalità. Con riferimento al procedimento in corso devo evidenziare preliminarmente, tra l’altro, che l’azienda ha sostenuto costi effettivi per 35.000.000 di euro in relazione ai cantieri oggetto di indagine (la Difesa ha già prodotto alla Procura della Repubblica i relativi bonifici bancari comprovanti detto esborso). Ci si chiede, quindi, come possa realizzarsi, anche solo dal punto di vista logico-razionale, una truffa avente ad oggetto importi (€ 24.000.000) di gran lunga inferiori ai costi sostenuti dall’azienda negli interventi realizzati. Pare evidente che vi sia stato un rilevante - e non condivisibile - fraintendimento del dettato normativo ad opera degli organi inquirenti. Nei prossimi giorni sarà comunque interposto appello avverso la decisone del GIP, avanti il tribunale collegiale del riesame di Treviso, con la convinzione che venga definitivamente apprezzata la corretta condotta assunta da Consorzio».

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