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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Castelfranco Veneto

Violentata e segregata in casa per tre mesi, a processo spunta l'ombra del "kanun"

Il caso affronta la storia di un 40enne di Castelfranco, di origine albanese, che avrebbe avuto una storia molto tormentata con una connazionale sposata e con un figlio piccolo, che sarebbe stata costretta a lasciare il marito per poi essere maltrattata e violentata. A parlare del codice d'onore patriarcale che vige ancora oggi nelle regioni rurali del paese è stato il fratello dell'imputato

Costretta a lasciare il marito e andare a vivere con il suo presunto stupratore o invece forzata a presentare la denuncia per violenza sessuale per sfuggire alla regole severe del “kanun”, il codice d'onore albanese che tra l'altro punisce la donna adultera che abbandona il marito per un altro uomo? E' la linea sottile attorno a cui si muove il processo con rito immediato a carico di un 40enne proprietario di una salone di barbiere in centro a Castelfranco (difeso dall'avvocato Sara Scattolin), originario come la vittima del "Paese delle Acquile" accusato di violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti di una 26enne (costituitasi come parte civile e difesa dall'avvocato Paola Miotti).

La vicenda si sarebbe svolta tra l'agosto del 2021 e il settembre del 2022. Secondo la versione della donna, che ha anche testimoniato in aula, l'interesse morboso di lui sarebbe cominciato quando la presunta vittima avrebbe portato il figlio piccolo a tagliarsi i capelli presso il salone. Lì, come avrebbe riportato in denuncia, sarebbe avvenuto una prima violenza sessuale: le avrebbe dato una sostanza in un aperitivo offerto che l'avrebbe ridotta in stato di incoscienza e quindi avrebbe abusato di lei.

A parlare di "kanun" è stato il fratello dell'imputato, chiamato a deporre nell'udienza di oggi, 15 giugno. L'uomo ha riferito di una riunione a cui avrebbero partecipato tutte le persone di sesso maschile interessate alla vicenda: lui, il marito della donna, i cognati, l'imputato e i suoi genitori. «Un incontro - ha detto - fatto proprio per chiudere in maniera pacifica questa brutta storia. Secondo il nostro codice d'onore la colpa, in questi casi, ricade interamente sulla donna. Abbiamo spiegato a mio fratello che quello che stava facendo era sbagliato, che doveva rimandare a casa lei e il figlio. Altrimenti sarebbe potuto entrare in scena il "kanun", con conseguenze davvero spiacevoli».

Ma per il pubblico ministero Francesca Torri le accuse all'uomo sono tutte circostanziate. La presunta vittima sarebbe stata costretta a lasciare il marito e andare a vivere con il suo violentatore per paura che potesse fare del male a lei e al figlio piccolo, peraltro approfittando di un periodo in cui la donna sarebbe stata depressa. Poi, tre mesi dopo, quando lei scappa dalla "prigionia", l'uomo l'avrebbe minacciata di morte, arrivando a fermare l'auto della malcapitata a Resana con un pistola giocatolo avvolta in un asciugamano e solo la pronta reazione della donna, che ha suonato il clacson attirando i residenti e qualche passante, ha evitato il peggio.

Sempre secondo la Procura i rapporti sessuali tra i due sarebbero sempre stati indesiderati. Il 40enne avrebbe anche detto alla donna di aver scattato alcune fotografie di lei nuda e di essere pronto a inviarle al coniuge; e così, frequentando la casa (la 26enne era residente in provincia di Padova), l'avrebbe sottoposta a continue violenze. Poi, nel giugno del 2022, avrebbe convinto la 26enne, minacciata di rendere pubbliche le immagini che la ritraevano in pose "erotiche", a lasciare il marito e andare a vivere con lui a Castelfranco insieme al figlio piccolo. La convivenza si sarebbe trasformata ben presto in un inferno dal momento che il parrucchiere l'avrebbe percossa più volte accusandola di mantenere i rapporti con l'ex, tanto che la donna, esasperata, un giorno si sarebbe procurata una profonda ferita con un coltello alla gamba.

L'occasione per uscire dall'incubo arriva tre mesi dopo, quando il 40enne si reca per un breve periodo all'estero. Lei scappa dalla “prigione” e si rifugia nuovamente dal marito. Quando il parrucchiere (attualmente in custodia cautelare, dopo aver rotto il braccialetto elettronico che gli era stato messo ai domiciliari) ritorna in Italia e non la trova più comincia la persecuzione, motivata con il fatto che sarebbe stata "roba sua" e culminata nell'episodio dell'aggressione avvenuta a Resana.

La difesa ha presentato una istanza per la revoca della misura cautelare e l'applicazione di un provvedimento meno afflittivo che consenta all'uomo di cercarsi un lavoro. Il pubblico ministero, che ha dato parere negativo, ha invece integrato il capo di imputazione inserendovi i reati di stalking e violenza privata. Si torna in aula il 13 luglio per sentire proprio il 40enne.

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