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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Istrana

Degrado e lavoro nero, due laboratori tessili cinesi chiusi dalla Guardia di Finanza

Controllo svolto con Spisal, Arpav e vigili del fuoco in quattro attività presenti nel territorio di Istrana. Sequestrati d’urgenza due immobili e 252 macchinari e banchi da lavoro. Tra gli operai al lavoro anche tre richiedenti asilo e uno straniero a cui era scaduto il permesso di soggiorno

Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso, nell’ambito di mirate attività ispettive volte alla tutela del “Made in Italy”, oltre che alla salvaguardia delle principali filiere produttive nazionali, con il supporto di Vigili del Fuoco, Spisal, Ispettorato del Lavoro e Arpav di Treviso, nonché con il contributo dei comuni interessati, hanno eseguito, secondo gli ambiti di rispettiva competenza e adottando un modello di controllo integrato altamente efficace, quattro distinti controlli presso altrettante aziende tessili del trevigiano. In due dei quattro laboratori tessili controllati, entrambi a Istrana, rispettivamente di circa 450 e 630 metri quadri, sono state accertate condizioni di assoluto degrado e pericolo, con l’impiego di lavoratori irregolari e sfruttati, nonché ripetute violazioni delle norme in materia urbanistica, tutte irregolarità così gravi che hanno indotto i finanzieri del Gruppo di Treviso a sequestrare d’urgenza i due immobili e 252 macchinari e banchi da lavoro; l’intera attività è stata poi convalidata dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il locale Tribunale.

Gli amministratori delle due imprese, di nazionalità straniera, che operavano sulla base di commesse ricevute da imprese locali, sono stati segnalati alla Procura della Repubblica di Treviso, a vario titolo, per violazione delle norme volte a prevenire gli incendi e gli infortuni sui luoghi di lavoro, sfruttamento dei lavoratori, impiego di manodopera clandestina, esecuzione di opere edili in assenza di titolo autorizzativo. In particolare, per quanto concerne la prevenzione degli incendi, le violazioni riscontrate hanno riguardato l’assenza di funzionamento di un impianto idrico antincendio, la mancata manutenzione semestrali degli estintori, l’impraticabilità delle vie di fuga, la presenza di stufe a pellet dotate di condotti fumari non regolamentari. A queste si sono aggiunte svariate violazioni alla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, tra cui la presenza di macchinari sprovvisti di sicurezze negli organi mobili, le scarse condizioni igieniche, la presenza di collegamenti elettrici non omologati.

Al momento degli accessi, sono stati identificati quattro lavoratori “in nero”, di cui tre richiedenti asilo politico e uno con permesso di soggiorno scaduto; il datore di lavoro, quindi, è stato segnalato per impiego di manodopera clandestina e senza titolo autorizzativo a restare sul territorio italiano. Per quanto concerne le violazioni in materia urbanistica, è emerso che in uno dei laboratori erano state ricavate delle stanze dormitorio, dove i lavoratori riposavano tra i turni di lavoro, circostanza questa che ha permesso di ipotizzare, per una delle aziende tessili coinvolte, il reato di caporalato, anche tenendo conto delle dichiarazioni dei lavoratori, che hanno ammesso di lavorare dieci ore al giorno dal lunedì al sabato senza essere mai retribuiti.

Infine, l’approfondimento della posizione dei due laboratori tessili sequestrati ha permesso di accertare pendenze tributarie per 2,2 milioni di euro da parte delle 7 ditte, tutte amministrate da stranieri, che, a decorrere dal 2011, li hanno gestiti: si tratte di vere e proprie imprese “apri e chiudi” che, dopo essere divenute insolventi con l’Amministrazione Finanziaria, hanno trasferito personale e macchinari nella successiva impresa costituita ad hoc, che ha continuato a operare sempre nello stesso luogo, con gli stessi clienti e fornitori, cambiando solo il nome e la partita IVA.

L’operazione della Guardia di Finanza di Treviso ha avuto, in primo luogo, il fine di tutelare il “Made in Italy” e la filiera produttiva dell’abbigliamento, asset strategico nazionale che vede nella provincia di Treviso una delle realtà economiche più fiorenti. In secondo luogo, i controlli sono stati finalizzati ad assicurare la sicurezza e il benessere dei lavoratori, colpendo il comportamento di chi agisce nel mercato in modo sleale, a beneficio degli operatori economici onesti e rispettosi delle regole: l’impiego di lavoratori irregolari e bisognosi, il mancato rispetto delle più elementari norme in materia di sicurezza e in ambito urbanistico, insieme al sistematico ricorso a imprese “di comodo”, consentono infatti di applicare prezzi altamente competitivi, in danno delle imprese che operano rispettando la legge, costrette a sostenere costi maggiori.

«Dove non c’è dignità del lavoro, manca un contratto ed è assente la sicurezza, aumenta di conseguenza il rischio di infortuni che possono diventare morti sul lavoro. Non possiamo arrenderci a questa grave situazione di illegalità: giovedì 11 aprile scenderemo in piazza, con iniziative in tutte le province venete, per scrivere a caratteri cubitali la parola sicurezza e dar voce alla nostra campagna di sensibilizzazione “Zero morti sul lavoro» ha detto Roberto Toigo, segretario generale di Uil Veneto.

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