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Provincia di Treviso quarta in Italia per aumento del consumo di suolo

Treviso quarto comune del Veneto per totale di territorio utilizzato secondo l’annuale rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale

E’ stato presentato mercoledì 22 luglio l'annuale rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sul consumo di suolo nel nostro Paese. I dati confermano i non invidiabili primati (oltre che del Veneto) della Marca e della città di Treviso nell’utilizzo e nella impermeabilizzazione del suolo. Il rapporto, oltre a fornire un quadro aggiornato del consumo di suolo in Italia, mette in evidenza i mutamenti avvenuti nel corso del 2019.

Lo scorso anno la provincia di Treviso, con un incremento di utilizzo di suolo di 181,8 ettari, è stata la quarta provincia italiana per aumento in termini assoluti del territorio consumato, alle spalle solo delle province di Verona, Brescia e Roma e con un valore superiore a quello di province come Milano o Napoli. Alla fine del 2019 il suolo consumato in provincia di Treviso era pari a 41.455 ettari, il 16,7% del totale, contro una media regionale dell’11,9% e quella nazionale del 7,10%. La Marca è al 7° posto tra le 107 province italiane per percentuale di territorio utilizzato sul totale, seconda in Veneto solo a Padova e davanti a province come quelle di Roma, Torino, Bologna, Palermo. Le cose non vanno meglio per la città di Treviso che, con il suo 39,9% di suolo consumato (2.217 ettari) è il quarto comune del Veneto per utilizzo di territorio rispetto al totale, superata solo da Padova, Noventa Padovana e Spinea e si colloca al 191° posto tra i 7.904 comuni italiani, davanti a centri urbani molto più importanti come Bologna, Genova, Roma, Palermo. Nel 2019 la città ha registrato un consumo di suolo pari a 7,62 ettari piazzandosi al 133° posto tra tutti i comuni italiani per nuova superficie utilizzata. I dati e le analisi dell’Ispra presentati ieri confermano e aggravano, per la Marca e per la città di Treviso, delle tendenze già messe in evidenza nei precedenti rapporti e che portano ad alcune valutazioni di tipo politico piuttosto nette. La legge regionale del Veneto per il contenimento del consumo di suolo approvata a maggio del 2017 non ha sicuramente avuto effetto nel corso dei due anni successivi mentre nella nostra regione si registra una crescente urgenza di ridurre la cementificazione, l’impermeabilizzazione, l’asfaltatura del territorio ancora non compromesso.

I commenti

«Non c’è due senza tre, purtroppo. Ancora una volta il Veneto è la regione d’Italia con il maggior consumo di suolo, 785 ettari in più nel 2019 e così Zaia si merita il premio Betoniera d’oro, a cui pare particolarmente affezionato. Con i 500mila metri quadri per il polo logistico a Casale sul Sile, ha buone possibilità di mantenere il record anche per il prossimo anno. In realtà questi numeri sono un’altra conferma, ma non serviva, dell’inutilità della legge 14 approvata nel 2017, che doveva ridurre drasticamente cemento e asfalto». Così Andrea Zanoni, consigliere regionale del Partito Democratico e vicepresidente della commissione Ambiente, commenta il rapporto Ispra 2020 su dati 2019, presentato ieri a Roma. «Le chiacchiere se le porta via il vento, mentre i fatti restano: siamo la maglia nera d’Italia, nonostante il calo demografico. Lo scorso anno a livello nazionale sono stati consumati 57 milioni di chilometri quadrati, due ogni secondo. E il Veneto mette tutti in fila con ben 217.619 ettari, un aumento di 785 nel giro di dodici mesi, 133 in più della Lombardia che è al secondo posto e tre province nelle prime dieci posizioni».

In testa alla classifica c’è infatti Verona con un incremento di 252,6 ettari, Treviso è quarta con +181,8 dietro Roma e Brescia, Venezia nona con +139,7. Nel dettaglio, 441 ettari riguardano cantieri, ulteriori 30 per la Pedemontana che arriverà a quota 573 (saranno circa 900 ettari a lavori terminati), 198 per edifici, 73 parcheggi e piazzali, 62 ettari strade e 7 per lavori negli aeroporti. «Un autentico massacro che si potrebbe fermare con il voto di settembre - attacca Zanoni - In questi cinque anni di legislatura ho continuamente denunciato il disinteresse della maggioranza a trazione leghista e del presidente Luca Zaia. È stata fatta una legge con l’ambizioso obiettivo del consumo zero entro il 2050, assolutamente inutile perché svuotata da infinite deroghe, il Piano casa e capannoni ‘Veneto 2050’ ha assestato un altro colpo e meno male che è saltato l’ennesimo provvedimento potenzialmente disastroso, ‘Veneto cantiere veloce’ ritirato all’ultimo momento dalla maggioranza. Occorre invertire rotta, basta asfalto e cemento: le nostre città hanno bisogno di spazi verdi, in estate sono invivibili per il caldo, mentre dall’autunno l’aria è irrespirabile per l’inquinamento atmosferico. Eppure le conseguenze dell’impermiabilizzazione del suolo sono sotto gli occhi di tutti, a partire dal rischio di inondazioni sempre più frequenti; ma il Veneto è al primo posto anche per la cementificazione nei pressi dei corsi d’acqua. Stiamo distruggendo il paesaggio, cancellando campagne e terreni agricoli, perdendo biodiversità e, soprattutto, non stiamo facendo abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici. Come se il tornado del Brenta o l’uragano Vaia non fossero mai esistiti».

«Anche quest’anno in Veneto (non) si festeggia il primato per il consumo di suolo: se non fosse che il dato è drammatico, potremmo inserire quest’evento nella busta paga dei lavoratori come festività non goduta - questa l’amara riflessione della portavoce del Gruppo Misto alla Camera dei Deputati Silvia Benedetti, che così continua - quella del rapporto Ispra e del primato negativo del Veneto è oramai una ricorrenza, così come le scusanti della Giunta regionale, che affermano che alle nuove norme regionali per il consumo di suolo occorra tempo per mostrare la loro efficacia. In parte può essere vero, in quanto la costruzione di alcuni insediamenti è stata programmata prima del 2017, ma questi dati negativi sono senza dubbio il frutto di una politica a trazione leghista che antepone il lucro alla salute dei cittadini. In Veneto vi sono migliaia di capannoni sfitti perché per anni è stato più conveniente deturpare il paesaggio della nostra regione piuttosto che recuperare strutture a volte fatiscenti e pericolose, il tutto con la connivenza di chi governava. Occorre fermare l’avanzata dei centri commerciali e limitare i grandi insediamenti della logistica, specialmente se ciò significa consumare ettari di suolo: a fronte di qualche migliaio di posti di lavoro, i danni per l’ambiente sono incalcolabili». 

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