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Cronaca

Famiglie bloccate in Congo, tra loro una coppia di trevigiani

Dai primi di novembre 26 coppie di genitori adottivi sono fermi nel Paese africano a causa di un ingorgo burocratico. Tra loro marito e moglie di Treviso con il loro piccolo di 13 mesi

Un black out burocratico tiene in ostaggio ventisei famiglie italiane, bloccate a Kinshasha, in Congo, dove si erano recati per conoscere e portare con sé i loro figli adottivi. Viaggio che si è rivelato un incubo a causa del blocco delle adozioni deciso dal governo.

Tra i malcapitati anche una coppia di Treviso, seguita dall'associazione Ai.Bi con sede a Mestre.

ADOZIONI FERME - Lo scorso 27 settembre la Direzione nazionale delle migrazioni aveva comunicato alle Ambasciate di accoglienza dei bambini dati in adozione che le operazioni di rilascio dei permessi di uscita sarebbero state sospese per un anno, a partire dal 25 settembre, a causa di alcune irregolarità riguardanti altri Paesi. In ottobre, tuttavia, una commissione competente aveva redatto una lista delle coppie che, avendo completato la documentazione entro il 25 settembre, avrebbero avuto il permesso di recarsi in Congo per portare a compimento le adozioni.

LA DISAVVENTURA - Ciononostante alcune coppie arrivate nel Paese africano lo scorso 4 novembre non sono state ancora autorizzate a ripartire con i figli. Secondo quanto denunciato dalle coppie bloccate a Kinshasha le operazioni di rilascio dei permessi per i bambini sono ancora bloccate. Per questo il Partito Democratico ha presentato un’interrogazione ai ministri Bonino e Kyenge.

LA COPPIA TREVIGIANA - Anche la coppia trevigiana si era recata in Congo per conoscere e portare a casa il bambino di 13 mesi ottenuto in adozione. Il loro viaggio, come quello delle altre 25 coppie tenute in ostaggio dalla burocrazia congolese, avrebbe dovuto rappresentare l'ultima tappa del lungo iter previsto dalle normative internazionali. Invece si è trasformato in un incubo.

Le famiglie si trovano da oltre un mese nel Paese straniero senza possibilità di rientrare in Italia e in condizioni precarie sia dal punto di vista igienico che economico.

TRATTATIVE - Il governo italiano sta trattando con le autorità africane per sbloccare lo stallo e in Italia alcune associazioni, come AiBi che segue i trevigiani, si sono mobilitate, diffondendo una petizione si sensibilizzazione.

Del caso si è interessato, mercoledì, anche il governatore del Veneto Luca Zaia e l'onorevole Floriana Casellato, sindaco di Maserada, ha depositato con i colleghi del Pd  un’interrogazione urgente al Ministro Kyenge e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per sollecitare un intervento urgente.

“Il Ministro Kyenge, in qualità di presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, ha incontrato lo scorso novembre alcuni rappresentati del governo africano ricevendo rassicurazioni sul fatto che le adozioni di cittadini italiani concluse prima del 25 settembre sarebbero andate a buon fine - spiega Casellato - Queste buone intenzioni sono state disattese e oggi ventisei famiglie sono bloccate senza la possibilità di rientrare nel nostro Paese. E’ per questo che abbiamo depositato un’interpellanza urgente, a prima firma della collega Quartapelle, che verrà discussa questa settimana alla Camera, ove si chiede 'quale supporto economico e diplomatico il Ministero abbia intenzione di fornire alle famiglie adottive coinvolte in questa situazione'".

Stiamo monitorando la situazione - assicura Casellato - La cosa più importante è far tornare in Italia quelle famiglie con i loro bambini. Sono in costante contatto anche con l’Associazione AiBi di Milano e con la sede di Mestre, che stanno assistendo le famiglie coinvolte, perché è con l’impegno di tutti che speriamo di trovare presto una soluzione a questa drammatica situazione”.

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