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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Revine Lago

Annegata nel lago di Revine, in quattro verso il giudizio

Alla chiusura delle indagini per la morte di Mariia Markovetska, coordinate dal sostituto procuratore Valeria Peruzzo, restano indagate Martina Paier, 23enne animatrice che avrebbe dovuto vigilare sul gruppo del quale faceva parte la bambina, Simonetta Da Roch, 56enne responsabile vicario dell'uscita al lago, Camilla Rizzardi, 37enne coordinatrice del Grest dell'istituto San Giuseppe di Vittorio Veneto e Marina Baro, conosciuta come Suor Maddalena, responsabile delle attività estive del Grest

Sono quattro le persone per cui il pubblico ministero Valeria Peruzzo si appresta a chiedere il rinvio a giudizio in merito alla morte della piccola Mariia Markovetska, la bambina di 7 anni di origine ucraina deceduta per annegamento al lago di Revine il 28 luglio scorso. Si tratta di Martina Paier (difesa dall'avvocato Stefano Arrigo), 23enne animatrice che avrebbe dovuto vigilare, al momento del bagno, sul gruppo del quale faceva parte Mariia, di Simonetta Da Roch, 56enne responsabile vicario dell'uscita al lago (difesa dagli avvocati Stefano Pietrobon e Fabio Collodet), di Camilla Rizzardi, 37enne coordinatrice del Grest dell'istituto San Giuseppe di Vittorio Veneto (difesa dall'avvocato Valentina Sartor) e di Marina Baro, conosciuta come Suor Maddalena, responsabile delle attività estive del Grest. Esce dall'indagine invece Tiffany De Martin (difesa dall'avvocato Enrico D'Orazio), che era l'animatrice di un altro gruppo di bambini e che sarebbe venuta a conoscenza della scomparsa della bimba soltanto più tardi, quando era intenta a far fare merenda ai ragazzini nel bar antistante in lago.

L'autopsia ha svelato che Mariia sarebbe morta per annegamento, scivolata in un punto del lago per lei troppo alto. Quindi sarebbe stata inghiottita dalle acque, prima che il cadavere venisse avvistato da due turisti sotto uno dei pontili. L'esame autoptico comunque non aveva escluso il malore, per quanto la piccola, che secondo quanto riferito dal nonno non sapeva nuotare, fosse in perfette condizioni di salute. Proprio le capacità natatorie della vittima sono uno dei punti contestati dal pubblico ministero: secondo quanto è riportato nel documento di chiusura delle indagini la Rizzardi e Suor Maddalena non solo non avrebbero predisposto alcun servizio di soccorso balneare ma non avrebbero neppure approntato le minime garanzie di sicurezza dell'incolumità dei bambini, ad esempio accertandosi appunto, in via preventiva, che tutti sapessero nuotare, dotando i gruppi di salvagenti o altri dispositivi di emergenza.

La Paier e la Da Ronch sono accusate di omicidio colposo per omessa vigilanza in quanto, dopo aver dato il via alla balneazione nonostante le criticità della situazione, non avrebbe controllato adeguatamente il gruppo di bambini a loro affidati e non si accorsero in maniera tempestiva dell'assenza di Mariia. Viene quindi meno una delle possibili spiegazioni dell'incidente mortale, ovvero la tragica fatalità. La ragazzina infatti sarebbe, secondo questa teoria, finita per essere vittima di un malore dovuto all'alta temperature dell'aria e a quella decisamente fresca dell'acqua in cui si sarebbe immersa a neppure due ore dal pasto. Se Mariia avesse avuto uno svenimento e la sua "fase respiratoria" non si sarebbe interrotta cadendo in acqua, avrebbe continuato a inspirare riempiendo però il corpo di liquidi e annegando piuttosto velocemente. Ora le quattro indagate hanno venti giorni per chiedere di essere sentite dal pubblico ministero o inviare in Procura una memoria difensiva

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