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Cronaca Vittorio Veneto

Bomba al liceo Flaminio, carabiniere alla sbarra per favoreggiamento

Un appuntato 45enne del Nor di Vittorio Veneto è accusato di aver informato Stefano Milacic delle cimici messe nella sua macchina dagli inquirenti

«Se non la smettono di starmi addosso sparo, o sparo ai loro figli». Queste alcune delle frasi che Stefano Milacic, 47enne, di Carpesica arrestato nell'ambito dell'inchiesta sull'ordigno esploso vicino al liceo Flaminio di Vittorio Veneto il 3 giugno e per un presunto commercio di armi da guerra con trafficanti sloveni e croati -  tra cui kalashnikov e pistole dell'ex Yugoslavia -  avrebbe pronunciato in riferimento agli investigatori che erano sulle sue tracce e che lo stavano ascoltando. Ma come faceva a sapere di essere intercettato? Semplice: aveva qualcuno, dentro alla Compagnia dei Carabinieri di Vittorio Veneto, che lo aveva avvisato delle cimici nella sua auto e che qualche giorno dopo gli darà una mano a eliminarle.

Per questo è finito a processo  A.R., 45 anni, appuntato dell'Arma, accusato di favoreggiamento. Il militare, in forza al N.O.R. vittoriese, sarebbe la persona che l'avrebbe messo in guardia  dell'attività di intercettazione in corso nei suoi confronti. A incastrare il carabiniere sarebbero, secondo la Procura, proprio alcune registrazioni ambientali e telefoniche con Milacic, allertato sul fatto che nella sua vettura erano state collocate apparecchiature atte a carpire quello che il 47enne diceva. Poi, qualche giorno dopo, A.R. avrebbe individuato e rimosso i dispositivi.

In apertura di processo i legali del carabiniere, gli avvocati  Gian Battista Zatti del Foro di Venezia e Giovanni Ceciliari di Treviso, hanno chiesto la trascrizione delle conversazioni oggetto di intercettazione. Il materiale fa parte del fascicolo che verrà discusso il 15 dicembre dal gip di Treviso Gian Luigi Zulian  e in cui Stefano Milacic è indagato per detenzione di armi e materiale esplosivo e per danneggiamento.

Il 3 giugno di due anni fa lui e Fabio Piasentin, 43enne di Vittorio Veneto, piazzano e fanno esplodere un rudimentale ordigno addosso al muro dell'ingresso secondario del Liceo Flaminio di via Battisti a Vittorio Veneto. Nella vicenda rimane inizialmente invischiato anche un terzo uomo, il 24enne Alessio Da Dalt, che però secondo gli investigatori non avrebbe avuto nessun ruolo nel progettare prima e portare a compimento poi il piano per far scoppiare l'ordigno che oltre al liceo provocò danni anche all'edificio di fronte, quello dove una volta era ospitata la scuola media Cosmo. Proprio il 24enne ha riferito che la sera dell'attentato, poco prima del botto sentito a grande distanza, Milacic e Piasentin gli dissero «adesso andiamo a fare uno scherzo» mentre si dirigevano insieme verso il luogo della deflagrazione. Poco dopo il gran colpo e i vetri di una trentina di finestre andarono in frantumi.

Ma il pubblico ministero Massimo De Bortoli nel frattempo continua a lavorare anche sull'altro fronte che riguarda Stefano MIlacic, quello scaturito dalle intercettazioni telefoniche in cui il 47enne  parla con alcuni conoscenti (tra cui un ex graduato dell'esercito) su come e dove acquistare fucili mitragliatori Kalashnikov. Nella primavera del 2019, per ,l'esattezza l'8 marzo, la Digos ritrova, nella zona artigianale di Scomigo, un sacco che, una volta aperto, si rivela essere pieno di cartucce e di munizioni. Qualche pezzo di armi era arrugginito dall’acqua, segno che il sacco era almeno da qualche settimana, se non qualche mese, nascosto sotto il canale. Per gli inquirenti si tratta della "partita" di cui Milacic parla al telefono, intercettato, con alcune persone tra cui un amico al quale chiede il favore di portare un «grosso bidone» che non sapeva dove mettere. Si tratta di un artigiano 40enne che per quai fatti ha già patteggiato una pena di sei mesi di reclusione.

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