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Politica Pederobba

Inceneritori: «Gravissimo il caso di Pederobba, siano tutelati i cittadini»

Le deputate del Gruppo Misto Sara Cunial e Silvia Benedetti in un’interrogazione ai Ministri dell’Ambiente e della Salute, hanno presentato i rischi che l'impianto potrebbe portare alla salute

«Ci sono zone d’Italia in cui si muore prima, in cui ci si ammala di più e in cui spesso si hanno meno diritti. Tra queste c’è Pederobba, un piccolo comune in provincia di Treviso da anni vessato da un imponente cementificio/co-inceneritore dell’Industria Giovanni Rossi SpA che dal 1996 brucia pneumatici fuori uso e che dall’anno scorso è stato autorizzato a bruciare anche tutte le tipologie di plastica senza che sia stata fatta alcuna indagine epidemiologica degna di questo nome e senza tener conto la grave situaizone ambientale e sanitaria di quella zona» a denunciarlo sono le deputate del Gruppo Misto Sara Cunial e Silvia Benedetti in un’interrogazione ai Ministri dell’Ambiente e della Salute.

«Parliamo di un’area in cui demenza e mortalità, sia generale che dovuta a patologie circolatorie e a malattie del fegato, sono di molto superiori alla media regionale. Segno di una situazione ambientale e sanitaria ad oggi estremamente critica, come dimostrano anche i dati recentemente rilasciati dall’Arpav sui Nox – spiegano le parlamentari – A giugno 2017 l’amministrazione, la Consulta Ambiente e l’esperto del comune il professor Roberto Fornasier avevano commissionato al professor Paolo Crosignani uno studio epidemiologico caso-controllo per valutare l’impatto sulla salute di tale combustione, prima di procedere all’autorizzazione di un nuovo combustibile. Erano già stati stanziati i relativi fondi (circa 20.000 euro) e i tempi per lo svolgimento (6 mesi). Una tempistica che avrebbe consentito di stabilire eventuali impatti sanitari prima dell’autorizzazione di Via e grazie a un metodo permetteva di stabilire l’eventuale correlazione tra una fonte emissiva e l’impatto sanitario nell’area di ricaduta della stessa. Qualche mese dopo però il sindaco, Arpav e Ulss2 hanno annullato lo studio proponendo al suo posto un modello di studio “di coorte” – non in grado di stabilire alcuna correlazione tra fonte e relativo impatto sanitario – e con costi ad oggi non ancora chiariti e tempi lunghi tant’è che tuttora non ci sono risultati. Cosa è successo in quel lasso di tempo? Perché non portare avanti entrambi gli studi? – chiedono le parlamentari – non è dato saperlo. Per questo abbiamo interrogato i Ministri competenti, per sapere se ritengono opportuna la presenza di un co-inceneritore di tutte le plastiche in una zona, quella di produzione del prosecco, divenuta patrimonio Unesco e – concludono – per sapere come intendano modificare il quadro normativo in modo sostanziale per evitare che qui come altrove i cementifici siano di fatto degli inceneritori mascherati».

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