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Attualità Crocetta del Montello

Grave di Ciano, la comunità scientifica si mobilita contro le casse di espansione

All’Università Ca’ Foscari di Venezia un’intera giornata di studio sul caso dell’oasi naturale di Crocetta del Montello con l’intervento del sindaco e del vicesindaco. Gli interventi dei relatori: «Serve approccio innovativo alla questione»

Un’intera giornata di workshop al Campus Umanistico dell’Università Ca’ Foscari di Venezia per accedere i riflettori sul caso delle Grave di Ciano e sul progetto delle casse di espansione previste dalla Regione per la messa in sicurezza idraulica del medio e del basso corso del fiume Piave.

Martedì 19 dicembre si è tenuto l’incontro di studio "L’idro-sociologia delle Grave di Ciano sul fiume Piave", organizzato dal gruppo di lavoro “Waterscape” (Paesaggio acquatico) del Niche, New Institute Centre for Enviromental Humanities di Ca’ Foscari. Presenti all’appuntamento esperti e ricercatori nei diversi campi dell’Umanesimo Ambientale, approccio scientifico multidisciplinare che sostiene un nuovo equilibrio tra uomo ed ecosistema, assieme al Sindaco di Crocetta del Montello Marianella Tormena e al Vicesindaco Giancarlo Fritz.Dopo l’intervento di benvenuto del Direttore del NICHE professoressa Francesca Tarocco, il Sindaco Tormena ha ringraziato gli studiosi per l’attenzione rivolta al problema.

INTERVENTO ZANATTA E FERRARESE

Gli interventi

«Potete approfondire quello che sta succedendo nel nostro paese, stretto tra il Piave e il Montello - le parole del sindaco Tormena -. Un terzo della superficie del nostro Comune è coperto da questa ansa del fiume, da queste Grave che hanno sempre fatto parte del nostro ambiente naturale. Il progetto delle casse di espansione ha creato uno shock e poi una reazione istituzionale, del Comitato e delle persone - ha aggiunto il sindaco -. C’è bisogno di idee, siamo intrappolati dentro una sola visione del fiume, di quando hanno fatto Marghera. C’è bisogno delle menti per dare un colpo di vita e salvarlo, perché se lo perdiamo non lo avremo più».

Per il professor Pietro Daniel Omodeo, coordinatore dell’incontro, «le Grave rappresentano un caso unico ma anche sintomatico dei nostri tempi. Il progetto delle casse di espansione in nome dell’adattamento al rischio del cambiamento climatico - ha affermato il docente - è una strumentalizzazione dei discorsi ambientali che danneggiano i nostri ambienti per forti interessi economici che non sono trasparenti. Da qui la necessità di costruire una comunità all’interno della quale viene promosso un approccio innovativo alla questione».

Il professor Francesco Ferrarese ha diffuso i dati del progetto di fattibilità per la gara di progettazione del bacino di laminazione: 4 vasche a cascata che occupano l’intera zona delle Grave, 5 chilometri quadri lordi di espansione, 17,4 milioni di metri cubi di materiali inerti da asportare, un bacino di contenimento di 32,5 milioni di metri cubi d’acqua. «Il tentativo di tutelare luoghi ricchi di biodiversità come le Grave di Ciano e la gestione del rischio idraulico devono procedere di pari passo”, ha sostenuto Ferrarese secondo il quale l’indicazione progettuale che “non esistono soluzioni alternative non impattanti va messa in discussione».

La biologa Katia Zanatta ha illustrato le caratteristiche che fanno del fiume Piave “un corridoio ecologico fondamentale nell’assetto territoriale del Veneto”. Le Grave di Ciano costituiscono “un serbatorio di biodiversità”: pur coprendo lo 0,05% della superficie del Veneto, custodiscono il 9,6% dell’intera flora regionale.

Il professor Francesco Comiti, parlando di pericoli geomorfologici e idrologici, ha rimarcato come sul Piave si sia agito “solo sulla pericolosità” con casse e dighe a monte e arginature a valle, ma non sull’esposizione e vulnerabilità dei territori. “Si è creata una falsa sicurezza, con aumento del rischio residuo e impatto su aree ambientali di pregio.”

Per una questione di “giustizia sociale” rispetto alla pianura andrebbero introdotte misure di prevenzione non strutturali nel tratto del basso Piave come vincoli urbanistici, sistemi di monitoraggio e allerta, delocalizzazione degli edifici.  La ricercatrice Elena Longhin ha presentato il bacino del Piave come un “territorio-macchina”: 13 dighe, 12 laghi artificiali, oltre 300 prese, 30 grandi centrali idroelettriche, oltre 200 km di condotte e “un’infinità di piccole barriere, prese e argini artificiali”, tramite derivazioni e captazioni utilizzano il 90% della portata d’acqua per il 70% del fabbisogno energetico veneto. “L’incertezza deve portare alla comprensione di questa grande macchina territoriale per capire se può cominciare a funzionare diversamente.” Ma cosa porta le persone ad essere così legate al fiume e nella fattispecie alle Grave di Ciano? È quella che il prof. Francesco Vallerani, docente del NICHE e Chair Senior Researcher per l’Unesco, ha spiegato con il termine di “aquaphilia”: “L’esposizione ai paesaggi fluviali ha un potere rasserenante e genera processi rigenerativi. Le casse vogliono difendere una cattiva urbanistica realizzata nei decenni precedenti. Va invece preservata la memoria culturale dei luoghi.” Sono le basi “dell’approccio umanistico alle scienze geografiche”. 

Andrea Marion, ingegnere idraulico, ha puntato il dito sull’evoluzione del suo settore professionale che dalle certezze lineari dei modelli idraulici e idrodinamici del secolo scorso è diventato una disciplina più complessa in rapporto alla complessità del territorio. Per l’ing. Marion la scelta delle casse di espansione va riconsiderata “per non eliminare definitivamente un’area naturalistica pedemontana piuttosto che dismettere temporaneamente terreni agricoli di pianura”, per non creare “una contrapposizione tra comunità, per il dubbio che a condizionarla siano stati “specifici interessi economici legati al massiccio prelievo di inerti previsto” e soprattutto per “non compromettere i valori delle future generazioni”. Anche perché l’acqua è di per sé stessa un patrimonio culturale, alla base di ogni cultura nata dalla coltivazione della terra, sublimata nell’arte e nelle tradizioni e generatrice “di paesaggi culturali”, come ha spiegato nella sua relazione il prof. Heiner Krelling.

L’ultimo intervento è stato affidato a tre ricercatori del NICHE. Emiliano Guaraldo ha puntato il focus sull’estrattivismo green, il nuovo volto “verde” dell’attività estrattiva. Per lo studioso, le Grave di Ciano “rispecchiano i conflitti dei progetti estrattivi di alto impatto nel contesto di interventi motivati dal cambiamento climatico”, sviluppati dal capitalismo green per generare “nuove forme di violenza climatica”. Pietro Consolandi e Xenia Chiaramonte hanno invece affrontato per le rispettive competenze il tema del Diritto della Natura e cioè del fiume come “persona giuridica” difendibile in sede giudiziaria, sull’esempio di cause per reati ambientali già avviate in altre parti d’Europa e del mondo. Tracciando il bilancio degli interventi, il professor Pietro Daniel Omodeo ha fatto intendere che il workshop di Venezia è solo l’inizio di un percorso: ha annunciato un prossimo incontro in cui le questioni emerse saranno oggetto di discussione e approfondimento e ha auspicato che sul tema delle Grave di Ciano il pool di studiosi realizzi anche una pubblicazione scientifica, sia in italiano che in inglese.

In conclusione di incontro, il sindaco Marianella Tormena ha ripercorso le principali tappe dell’opposizione di Crocetta del Montello, degli altri Comuni del circondario e della popolazione contro il progetto delle casse di espansione, sfociata nel doppio ricorso unificato al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche di Roma contro la Regione Veneto e contro l’Autorità di Bacino, su cui i giudici, riunitisi lo scorso 6 dicembre, si sono riservati di decidere. Nell’occasione, il primo cittadino ha invitato i docenti e gli studiosi intervenuti a tenere il loro prossimo incontro a Crocetta del Montello, dove l’Amministrazione comunale li accoglierà “a braccia aperte”, per prendere coscienza sul posto della minaccia che incombe sull’ansa del Piave. In questo modo è stato accolto il richiamo del prof. Francesco Vallerani che sulla tutela delle Grave di Ciano ha invitato a fare proprie le parole del poeta Andrea Zanzotto, grande sostenitore della salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio: “La mia non è una battaglia antimoderna ma un fatto di identità e civiltà”.

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