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Import alle stelle nella Marca: «Guerra e rincaro dei prezzi le cause»

L'analisi trimestrale di Unioncamere, importazioni dall'estero aumentate del +43,6% nella Marca rispetto all'anno scorso. Il commento del presidente Pozza: «Persi 179 milioni di euro»

Import alle stelle nella Marca: l'onda lunga della crescita 2021 e il rincaro delle materie prime sono i fattori che hanno portato a una vera e propria impennata delle importazioni. A questo si aggiungono gli effetti della pandemia e, più nell’immediato, della guerra in Ucraina. L'export invece, sempre su base annua, registra +18,4% a Treviso e +28,6% a Belluno.

Il quadro generale

Fino a marzo, e anche nei due mesi successivi, le imprese manifatturiere italiane e venete hanno avuto una sostenuta raccolta degli ordini, soprattutto dall’estero, come evidenziato dalle indagini Pmi Markit Italia, dall’indagine Istat sul fatturato e dell’indagine Veneto Congiuntura di Unioncamere. La difficoltà, semmai, ha riguardato i tempi di evasione degli ordini, sempre più lunghi, principalmente a causa dell’esteso lockdown cinese, durato due mesi, che è tornato a rendere discontinue le forniture globali, cui si sono associati i primi effetti della guerra russo-ucraina, sia in termini di indisponibilità di alcune materie prime o di semilavorati, sia in termini di rincaro generalizzato dei prezzi. In questo quadro, non sorprende imbattersi nei dati diffusi da pochi giorni dall’Istat sull’interscambio commerciale dei territori per il primo trimestre dell’anno: dove la notizia non sta tanto nella crescita dell’export su base annua (superiore o prossima al +20% in Italia come in diverse province venete), quanto piuttosto nella dinamica esplosiva, e generalizzata, dell’import, con aumenti superiori al +40% in Italia, in Veneto come a Treviso e a Belluno: su base annua ma anche con riferimento allo stesso periodo del 2019, pre-Covid. Una dinamica che non ha precedenti negli ultimi vent’anni, se non nel rimbalzo dopo il lockdown, tra il 2021 e il 2020. Ma, se allora si trattava di un rimbalzo “meccanico”, per ripartenza della domanda nelle filiere, queste dinamiche sono nettamente condizionate dall’aumento del costo delle importazioni, che peggiora le ragioni di scambio e che solo in parte le imprese possono trasferire sui prezzi dei beni esportati, per non perdere quote di mercato, a scapito dunque delle marginalità. Può avere contribuito alla crescita dell’import anche un cambio di strategia delle imprese nella gestione delle scorte, per evitare di ritrovarsi nelle situazioni di scarsità di input, considerati gli scenari. Ma la differenza fra dinamiche import per valori e per quantità non lascia adito a dubbi. Nel primo trimestre 2022 l’import veneto dal mondo cresce, su base annua, del +42,5% in valori e del +16,1% in quantità. Se poi si considerano i soli approvvigionamenti dall’area Extra Ue 27, la forbice si fa ancora più importante: le importazioni in valore crescono su base annua del +74% contro un incremento in termini di quantità del +21,3%.

I dati nella Marca

Nel primo trimestre 2022 le importazioni trevigiane sono aumentate del +43,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con variazione analoga anche rispetto al primo trimestre 2019 (variazioni calcolate su dati grezzi). Una dinamica così anomala può certamente essere amplificata dall’osservazione limitata ad un singolo trimestre. Ma gli esiti del confronto con lo stesso periodo nel 2019 esclude ipotesi di riallineamento dei flussi ai livelli pre-Covid (già avvenuto, in realtà, nel corso del 2021), e comprova piuttosto il fattore prezzi come principale determinante di queste variazioni. Le voci merceologiche maggiormente interessate da questi rialzi sono: altre apparecchiature elettriche (+88,5%), filati e tessuti (+71,4%), prodotti chimici, farmaceutici e fibre sintetiche (+56,8%) tra cui rientrano i fertilizzanti, mezzi di trasporto e componentistica (+56,3%) e metallurgia (+53,8%), per restare alle principali.

Con riferimento ai mercati di approvvigionamento, anche se continuiamo a ribadire che il primo trimestre è una base troppo stretta per fare dei bilanci, si segnala la crescita delle importazioni dalla Turchia (+93,7%; +30 milioni), possibile area di diversificazione per gli approvvigionamenti dall’Area del Mar Nero. Anche la variazione su base annua delle esportazioni è a doppia cifra, sebbene più contenuta rispetto a quanto visto per l’import (+18,4%). Risulta abbastanza diffusa a tutti i settori. Si notano crescite dell’export sensibilmente inferiori al dato medio provinciale per mobili (+6,5%), elettrodomestici (+6,5%), e mezzi di trasporto e componentistica (+5,6%). Con riferimento al sistema moda possiamo distinguere le calzature e i prodotti tessili e abbigliamento che crescono su base annua rispettivamente del +16,3% e del +22,1%. Mentre le calzature risultano in recupero dei livelli pre-Covid (+1,8% rispetto allo stesso trimestre 2019), i prodotti tessili e abbigliamento lamentano ancora un gap tutto imputabile alla voce abbigliamento (-6,7% rispetto al primo trimestre pre-pandemia). I macchinari, prima voce merceologica delle esportazioni trevigiane, crescono abbastanza in linea con il dato medio (+14,6%). Infine si segnalano incrementi su base annua superiori al dato medio provinciale per bevande (+31,1%), prodotti in gomma e plastica (+31,6%), prodotti alimentari e tabacco (+17,8%), altre apparecchiature elettriche (+16,3%) e metallurgia (+36,5%), dato quest’ultimo senza dubbio condizionato dai speculari rincari sul fronte import. Guardando ai mercati di sbocco, le vendite risultano in crescita soprattutto nell’aggregato dell’Unione Europea 27 (+22,9% su base annua), area che assorbe oltre il 64% delle esportazioni complessive del trimestre. Del +10,9% è invece la crescita dell’export trevigiano verso i Paesi extra-Ue 27. Si segnala in particolare il ritorno alla crescita delle vendite verso il Regno Unito (+13,4%) anche se non sufficiente al recupero dei livelli pre-Covid (-15,8%) e la flessione verso Cina e Hong Kong (-14,8% su base annua e -6,6% rispetto al primo trimestre 2019). Continua la performance positiva verso gli Stati Uniti, primo partner extra-Ue, con un incremento dell’export trevigiano nella misura del +9,5% su base annua, e del +28,6% rispetto ai livelli del primo trimestre pre-pandemia.

Il commento

«I dati sull’interscambio delle nostre province nei primi tre mesi del 2022 - conclude Mario Pozza, presidente della Camera di Commercio di Treviso e Belluno|Dolomiti - dimostrano che le nostre imprese hanno beneficiato della positiva eredità della ripresa maturata nel corso del 2021. Al tempo stesso però - aggiunge Pozza - la forte accelerazione dell’import, in valori piuttosto che in quantità, mette in luce le crescenti difficoltà operative che le imprese stanno vivendo: sia in termini di continuità delle forniture, sia in termini di rincari dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati. Effetti innescati prima dalla pandemia ed ora aggravati dalla guerra. Poniamo che la crescita dell’import a ritmi superiori al +40% sia anche un effetto distorsivo del trimestre osservato. Ma - sottolinea il presidente - qui non conta tanto discutere sull’entità della variazione. La sostanza è che le imprese oggi hanno di fronte la difficile sfida di conciliare maggiori costi, minori marginalità, tempi più lunghi di evasione degli ordini (e dunque incassi più diluiti) cercando comunque di non perdere quote di mercato. I dati qui commentati sono sintesi perfetta di questa complicatissima situazione. Pesa inevitabilmente il fattore tempo - continua Pozza - per quanto è ancora sostenibile questa situazione, in particolare il micidiale mix provocato dai vincoli di dipendenza negli approvvigionamenti e dal rincaro dei prezzi? Quanto peserà l’inflazione sui consumi? L’onda lunga della ripresa 2021 andrà dunque ad esaurirsi nel corso del 2022, o soltanto ad attenuarsi? Questi gli interrogativi fondamentali che oggi ancora non trovano risposta - dice Pozza - finché perdura il conflitto. Le ipotesi macroeconomiche più consolidate parlano di attenuazione della crescita, ma pur sempre di crescita: nell’assunto di fondo che non vi sia, come ovviamente ci auguriamo, alcuna escalation bellica. Nonostante queste incertezze, rincuora il fatto - evidenzia Pozza - che le imprese non sono passive, ma già stanno introducendo comportamenti adattivi sul piano degli approvvigionamenti, diversificando per quanto possibile le fonti. Questo processo però va accompagnato: la pandemia prima, e la guerra russo-ucraina dopo, ci hanno fatto capire che economia e geopolitica vanno di pari passo. Accanto alle imprese dobbiamo metterci noi istituzioni per aiutarle a ridisegnare le catene del valore, dentro un diverso modello di globalizzazione per macro-regioni: che ponga attenzione anche alla sicurezza e alla continuità degli approvvigionamenti. E, aggiungo, alla loro valenza strategica rispetto ai cambiamenti strutturali del mercato, transizione energetica in primis. Solo con questo atteggiamento, capace di visione nel lungo periodo, possiamo affrontare scenari così complessi. Tutto ciò - conclude il presidente - non può prescindere da un’attenzione al capitale umano. Come non mai in questo periodo le nostre imprese lamentano la difficoltà a reperire manodopera qualificata, ulteriore fattore che incide sul rallentamento della produzione e quindi sui tempi di evasione degli ordini. E questa carenza non interessa solo il manifatturiero, ma - soprattutto ora con la ripresa del turismo - diventa emergenza per un settore trainante dei nostri territori. Carenza di manodopera qualificata non significa solo rallentamento del servizio, ma incide anche sulla sua qualità e quindi sull’immagine dell’impresa sempre più esposta ai giudizi sul web».

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