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Cronaca

Estorsione alla Btime, due rinvii a giudizio e un patteggiamento

A chiedere e ottenere una applicazione pena (1 anno e sei mesi) e stato il goriziano 42enne Edi Biasol mentre per il 56enne veneziano Fabio Gianduzzo e il 45enne Rudi D'Altoé, residente a Roncade, il processo inizierà il prossimo 23 maggio. I tre sono accusati di aver chiesto 3 milioni di euro all'imprenditore Renato Celotto e al suo collaboratore Michele Gallà

Un patteggiamento e due rinvii a giudizio. Si è conclusa così oggi, 22 marzo, l'udienza preliminare a carico di  Fabio Gianduzzo (difeso dall'avvocato Giuseppe Muzzupappa), veneziano 56enne, Edi Biasol, goriziano di 52 anni e Rudi D'Altoè, un 45enne residente a Roncade. I tre si sarebbero resi responsabili di una colossale estorsione aggravata continuata, avvenuta a cavallo tra il 2020 e il 2021, ai danni del responsabile commerciale e dell’amministratore unico di una società di consulenza aziendale con sede a Treviso, Renato Celotto, e di Michele Gallà della "Btime Italia srl" con sede a Treviso in via Le Canevare, con partecipazioni nelle le società "Bt Rent srl" e "Clt Faschio Group". 

A chiudere la pendenze con la giustizia con una applicazione della pena è stato Biasol, che ha patteggiato 1 anno e 6 mesi. Rinviati a giudizio invece Gianduzzo e D'Altoé, il cui processo inizierà il prossimo 23 maggio. Secondo il pubblico ministero Gabriella Cama il 56enne e il 52enne avrebbero agito come "riscossori" di un presunto debito che D'Altoè aveva nei confronti di Celotto, al tempo consulente del centro commerciale "Tom Village" di Santa Maria di Sala, pari a quasi 3 milioni e mezzo di euro, cifra di cui Celotto di sarebbe appropriato. I tre avrebbero di fatto espropriato  l'azienda dalla sua legittima proprietà, sottoponendo le due vittime a crescenti minacce di natura fisica. 

Celotto  però sarebbe finito nell'inchiesta sul centro commerciale "Tom Village", dichiaratoi fallito dopo che sarebbe stato svuotato di tutto il suo patrimonio. Per questa ragione (la storia è collegata all'estorsione, anche se l'indagine sulla bancarotta è della Procura di Venezia) erano finiti ai domicilari sia l'imprenditore di Castelfranco Veneto che altre due persone. I riscontri del nucleo di polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Venezia avrebbero messo in luce che i tre avrebbero avuto un ruolo determinante nella parabola amara del Tom Village, fallito a febbraio 2021 con un buco da 34 milioni di euro e ora sotto la guida di una nuova gestione che nulla ha a che vedere con i fatti dell'inchiesta. A loro erano anche stati stati sequestrati (in solido con altre cinque persone e due società) quasi 7 milioni di euro, ovvero parte del corrispettivo delle azione messe in piedi per svuotare le casse del centro commerciale.

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