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Vaccini, Spi Cgil: «Ultranovantenni devono essere una priorità»

I numeri della popolazione in provincia di Treviso: tra i 90 e i 100 anni 11.743 persone. Tra gli 85 e 89 anni, 18.874 soggetti. «Motivazioni della Regione non sono valide»

Sono 11.743 i novantenni (e oltre), residenti nella Marca. «Sono i nostri grandi anziani, una corte sì minoritaria rispetto alla totalità della popolazione anziana, ma la quota più fragile e indifesa di fronte al pericolo che rappresenta il virus. Il piano vaccinale della Regione è partito e nelle prossime settimane prevede di andare a ritroso partendo dagli ottantenni, classe 1941, con il rischio di arrivare troppo tardi a immunizzare gli anziani con più di 90 anni». Per lo Spi Cgil di Treviso questo ordine anagrafico va modificato: gli ultranovantenni non incorrono, infatti, in minori probabilità di contagio, ma in maggiori probabilità di situazioni gravi se non mortali, e devono essere trattati sanitariamente con pari dignità rispetto agli altri anziani.

La fascia d’età tra i novanta e i cento anni conta 2.896 uomini e 8.847 donne. Soggetti fragili, cittadini che hanno contribuito alla crescita del nostro territorio, persone che non sono avulse dal contesto sociale perché ancora attive, difatti non residenti in strutture di assistenza, ancora capaci di autonomia e non di meno di offrire sostegno alle loro famiglie nell’accudimento dei nipoti e in termini economici. «Il segnale che la Regione lancia con questa programmazione è inquietante - fa eco da Treviso ai sindacati regionali dei pensionati il segretario generale Spi Cgil, Vigilio Biscaro - sembra che certe categorie di persone siano sacrificabili e così non può essere, né dentro né fuori le case di riposo». Restano poi nel limbo gli anziani della fascia 85-89 anni, ovvero altri 18.874 trevigiani (6.690 uomini e 12.184 donne) per i quali non ci sono tempi certi per la vaccinazione. «Con grande senso di responsabilità i nostri anziani non vogliono sottrarsi al vaccino - conclude Biscaro - pronti però con lo stesso rigore civile a fare un passo indietro, pur correndo grandi rischi personali, se a causa della scarsità nella fornitura delle dosi venisse loro chiesto. Ma la posizione delle Istituzioni che stanno gestendo la programmazione deve essere chiara, con tempi i più definiti possibili, e non arbitraria né giustificata da banali interpretazioni della vita dei nostri grandi anziani, come quella che sono mediamente meno esposti al virus per le diverse abitudini di movimento e relazione. Questa proprio non regge».

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