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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Veneto Banca, in dirittura d'arrivo l'inchiesta sulle bancarotte

Entro l'estate la Procura di Treviso notificherà l'avviso di chiusura delle indagini a dodici tra manager e dirigenti dell'istituto di credito finito in liquidazione amministrativa coatta nel giugno del 2017. Fra questi c'è l'ex amministratore delegato Vincenzo Consoli

Vincenzo Consoli e altri 11 fra dirigenti e manager di Veneto Banca. Nei loro confronti i pubblici ministeri Massimo De Bortoli e Gabriella Cama si apprestano a chiudere le indagine relative al terzo e ultimo filone, quello delle bancarotte, che riguarda il crac della ex popolare, finita in liquidazione amministrativa coatta nel giugno del 2017 e le cui attività "in bonis" furono cedute a Intesa San Paolo a soli 50 centesimi. Le notifiche arriveranno ai destinatari entro l'estate, poi gli indagati avranno venti giorni per fare sentire dai magistrati o mandare attraverso gli avvocati una memoria difensiva.

E' insomma arrivata al traguardo la terza inchiesta sulla fine rovinosa dell'istituto di credito montebellunese che vide le proprie azioni crollare da 40 euro l'una a pressoché zero quando fu decisa la liquidazione. Veneto Banca, peraltro, è stata dichiarata insolvente in due gradi di giudizio ed è proprio da questo fatto che partono le indagini della Procura trevigiana, che nei confronti delle dodici persone indagate ipotizza reati fallimentari di cui la fattispecie più rilevante sarebbe quella della bancarotta per distrazione: nelle carte dei sostituti procuratori De Bortoli e Cama si legge infatti che la banca, in cui Vincenzo Consoli avrebbe avuto un ruolo di "dominus" esclusivo, avrebbe non solo accordato prestiti per la sottoscrizione delle oramai famose "azioni baciate" ma avrebbe anche concesso aperture di credito, per importi che in alcuni casi raggiungevano le decine di milioni di euro, a gruppi ed aziende - prevalentemente per speculazioni di natura finanziaria - senza ottenere in cambio garanzia valide o, in alcun i casi, in totale assenza di garanzie.

Sono seicento le pagine della relazione tecnica, commissionata ad un team di esperti universitari, che contiene tutti i numeri sui quali si fondano le accuse. A fare da innesco, come detto, a questa costola dell'inchiesta era stata la dichiarazione di insolvenza che era stata supportata della perizia effettuata dal professor Lorenzo Caprio, ordinario di Finanza all'università Cattolica di Milano. Il quesito posto a Caprio dai giudici riguardava l'accertamento dell'ammontare delle passività di Veneto Banca alla data del 25 giugno del 2017, cioè quando l'ex popolare venne messa in liquidazione coatta amministrativa dal governo Gentiloni, per arrivare anche alla determinazione, sempre con riferimento a quella data, del più verosimile valore di realizzo dei cespiti entro un orizzonte temporale che fosse tale da consentire di massimizzare i ricavi destinati all'integrale pagamento dei creditori. La risposta era contenuta in 254 pagine di relazione in cui il perito delineava quattro scenari valutativi. In nessuno, neppure nell'ipotesi più favorevole, la liquidazione si sarebbe potuta chiudere in bonis: nel primo caso le passività ammontano infatti a 2 miliardi e 285 milioni di euro, nel secondo a 1 miliardo e 313 milioni, nel terzo a 1 miliardo e 761 milioni e nel quarto, il più ottimistico, a 920 milioni di euro.

Sull'inchiesta e sul processo che potrebbe seguirne c'è però la Spada di Damocle del giudizio della Corte di Cassazione sull'ennesimo ricorso presentato contro lo stato di insolvenza. Se paradossalmente la Suprema Corte dovesse decidere in maniera differente dagli altri due gradi di giudizio (l'udienza, attesa da oltre 5 mesi, non è ancora stata fissata) l'indagine arriverebbe ad un punto morto.

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