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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Vedelago

Rapimento a Vedelago, spuntano altre vittime

Almeno altre due persone si sono recate dai carabinieri per raccontare di avere subito lo stesso trattamento riservato a un impiegato 50enne, sequestrato e seviziato dentro ad un casolare in costruzione il 18 febbraio scorso. Il movente che avrebbe spinto gli autori, due ragazzi maggiorenni e un minorenne, a compiere il gesto sarebbe stato quello di punire dei presunti pedofili

Ci sono almeno altre due vittime che avrebbero ricevuto lo stesso trattamento riservato ad un 50enne, seviziato e liberato il 18 febbraio scorso in una casa in costruzione a Vedelago da un intervento dei carabinieri che tenevano sotto controllo l'immobile da giorni. Si aggrava quindi la posizione dei tre ragazzi (un 18enne, un 20enne e un minorenne) ritenuti i responsabili del gesto. I maggiorenni - entrambi agli arresti domiciliari - sono indagati per il reato di sequestro di persona, rapina aggravata e lesioni personali. Il movente sarebbe da ricondurre alla volontà dei tre di agire come dei "vendicatori": volevano punire uomini che cercavano sulla rete internet incontri sessuali con ragazzi minorenni, facendo così qualcosa "di buono" per la società.

Nelle scorse settimane almeno due uomini si sarebbero presentati ai carabinieri raccontando di essere stati adescati dai tre ma altre denunce sono attese nei prossimi giorni. A dare la conferma agli investigatori sarebbe stata l'analisi del telefono del 20enne, affetto da una malattia rara e che avrebbe causato al ragazzo problemi psicologici e una dipendenza da sostanze stupefacenti che in passato lo aveva condotto in cura al Sert: secondo gli inquirenti l'episodio di metà marzo non era isolato.

Il disegno, secondo l'inchiesta condotta dal pubblico ministero Barbara Sabbatini, era quello di apparire dei "benefattori" colpendo persone che si sarebbero macchiate di reati odiosi come appunto quello di pedofilia. In questo contesto la malattia del 20enne potrebbe aver giocato un ruolo non secondario: provando una sensazione di emarginazione, se non addirittura di rifiuto, da cui faceva fatica a liberarsi, il giovane, che avrebbe trovato ispirazione da una serie televisiva, avrebbe cercato un riscatto sociale assumendo il ruolo di vendicatore, prendendo di mira uomini gay alla ricerca di emozioni forti con minorenni. 
Verrebbe meno quindi la natura economica del movente, ovvero la prima ipotesi formulata dagli inquirenti che al momento del blitz con cui era stato liberato il 50enne avevano intercettato il ragazzo 18enne in possesso della tessera bancomat dell'uomo, con il relativo pin, e che stava raggiungendo in bicicletta il più vicino sportello per effettuare un prelievo. 

Sul 20enne (assistito dall'avvocato Elisa Berton) la difesa è ha chiesto di poter effettuare una perizia psichiatrica per poter mettere in luce la sofferenza mentale che potrebbe essere stata alla base delle sue azioni.

La scoperta di quello che stava accadendo nel casolare in costruzione in cui era scattata la trappola nei confronti dell'impiegato non era avvenuta per caso. Era infatti da tempo che i carabinieri di Castelfranco avevano ricevuto delle segnalazioni su "giri" poco trasparenti intorno a quella casa in costruzione di via Marconi a Vedelago. Frequentazioni strane di giovani e giovanissimi, tanto che i militari dell'Arma pensavano di trovarsi di fronte ad una rete di spaccio di droghe leggere e per questo tenevano d'occhio l'edificio, in bella vista lungo la strada principale e che si trova poco distante dalla locale casa di riposo. Ma la verità era diversa: i tre giovani avevano adibito l'abitazione in costruzione come casa del terrore in cui per mesi avrebbero attuato il loro folle piano.

E' stato nel corso delle attività di controllo che i militari hanno scoperto l'orrore: l'impiegato 50enne era terra, picchiato e minacciato con due coltelli, imbavagliato con del nastro adesivo e tramortito dall'uso di un taser. Oltre ad aver consegnato il bancomat all'uomo erano state sottratte anche le chiavi dell'auto. «Ci siamo parlati un paio di volte – aveva raccontato la vittima - poi abbiamo deciso di incontrarci in un quel posto a Vedelago. Io non sapevo di avere a che fare con un minorenne, sapevo soltanto che era maschio».

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